Interdittive antimafia, Emilia-Romagna al terzo posto dopo Campania e Sicilia: «Clan camorristici in provincia di Rimini»

BOLOGNA. Nel 2024 le Prefetture dell’Emilia-Romagna hanno emesso 109 interdittive antimafia, che collocano la regione al terzo posto in Italia per questo tipo di provvedimenti, dietro a Campania (dove le interdittive sono state 241) e Sicilia (116). Questo perché, spiega il capo centro della Direzione investigativa antimafia Marco Marricchi, in Emilia-Romagna «c’è un’attività giurisprudenziale molto forte e c’è sinergia tra l’azione magistratura e quella delle Prefetture, che possono fare un numero maggiore di interdittive perché c’è una stratificazione di sentenze che permettono di emettere questi provvedimenti». A questo, prosegue Marricchi illustrando i dati della relazione sulle attività svolte lo scorso anno, «si aggiungono le best practice adottate e le attività amministrative che riescono ad estrapolare dalle attività di Polizia giudiziaria gli elementi che sono alla base delle singole interdittive». A riprova della “altissima resa” delle interdittive, il capo centro della Dia evidenzia che, sebbene questi provvedimenti «siano ricorribili al Tar, nella maggior parte dei casi il contenzioso si è risolto a favore delle Prefetture». A questo lavoro di tipo amministrativo si affiancano le “numerose operazioni” di carattere repressivo svolte in regione, dove «la criminalità organizzata- sottolinea Marricchi- ha lasciato da parte l’attività militare, a cui ricorre solo come ‘extrema ratio’, per concentrarsi più sul lato imprenditoriale». È una mafia, spiega, «a cui piace mimetizzarsi, che ha bisogno dell’imprenditore contiguo o di una Pubblica amministrazione poco attenta, che parla un linguaggio commerciale o imprenditoriale, una mafia che dall’esterno sembra non esistere, mentre la nostra attività ne ha dimostrato l’esistenza».
In questo contesto, dettaglia il capo centro della Dia, «hanno assunto grande importanza i reati come l’emissione di fatture false o il riciclaggio: come nella favola di Pollicino, si segue il denaro per arrivare a scoprire la presenza di un’organizzazione mafiosa». Sono però importanti «anche i collaboratori, perché permettono di avere uno sguardo dall’interno dell’organizzazione». Quanto alle specifiche organizzazioni di tipo mafioso attive in Emilia-Romagna, Marricchi ribadisce che «le più presenti sono quelle ‘ndranghetistiche, a cui si aggiungono, soprattutto nelle province di Bologna, Modena e Rimini, soggetti ritenuti vicini a clan camorristici» come i Casalesi e i Contini, mentre le organizzazioni siciliane (Cosa nostra e Stidda) «sono meno presenti rispetto al passato, anche se non sono scomparse». Non emergono invece, almeno per ora, segnali di infiltrazioni nell’economia legale di sodalizi mafiosi di origine pugliese, anche se è stata documentata “la presenza occasionale” di persone riconducibili a queste organizzazioni, mentre è assodata la presenza in regione di sodalizi criminali di origine straniera, composti da persone provenienti da Pakistan, Cina, Albania, Nord Africa e Nigeria (è di ieri, tra l’altro, la sentenza della Cassazione che ha confermato le condanne di 15 appartenenti alla mafia nigeriana degli Arobaga Vikings, attiva per anni a Ferrara). Infine, Marricchi osserva che i settori dove sono state documentate più infiltrazioni sono «l’edilizia, l’autotrasporto e, per alcuni versi, anche la ristorazione».