Il sindaco di Rimini: “Il crollo dei russi? Come le mucillagini”

Rimini

Il crollo del turismo russo ha creato un buco da 70 milioni di euro nel Pil della riviera. Numeri sempre più in rosso che il sindaco Jamil Sadegholvaad paragona alla stagione delle mucillagini. Oggi i numeri regalano un a sorta di compensazione rappresentata dai villeggianti giunti da altri Paesi esteri, Germania in testa.

“Come le mucillagini”

Nel primo trimestre del 2019 il turismo russo accumulò numeri da record. «Si trattava esattamente di 7.445 arrivi e la bellezza di 24.029 pernottamenti - ricorda il primo cittadino -. Nel primo trimestre del 2024, il turismo russo in città si ferma rispettivamente a 779 arrivi e 3.025 pernottamenti, un calo medio che sfiora il 90 per cento».

Come si dice: una bella botta. «Spesso si sottovaluta la capacità di adattamento e reazione della nostra Riviera a eventi imponderabili o traumatici. L’esempio più conosciuto: la reinvenzione del modello turistico dopo la drammatica estate delle mucillagini nel 1989. Nel silenzio, quanto avvenuto con il turismo russo pre e post pandemia e soprattutto pre e post guerra in Ucraina, equivale a un piccolo 1989».

I numeri vengono in aiuto per comprendere meglio. «A fine 2019 quel mercato valeva 544mila pernottamenti per la provincia di Rimini, secondo solo ai tedeschi (786mila). Nel 2023 quel dato si fermava a 43mila pernottamenti scarsi. Meno 500mila presenze, in soldoni oltre 70 milioni di euro in meno di Pil che ricade sull’area riminese. Finchè perdurerà la situazione di tensione internazionale, per l’Italia e per l’Europa non ci si discosterà da questo sostanziale azzeramento del turismo russo».

“La legione straniera”

I dati del primo trimestre 2024, «per quanto parzialissimi», consegnano una crescita complessiva del segmento estero complessivo: + 12,5 per cento sul 2019 per pernottamenti e + 8,8 per cento per arrivi. «La “botta” del mercato russo è stata assorbita incrementando i numeri di quasi tutti gli altri mercati internazionali».

Qualche esempio? «La Germania passa dai 3.332 arrivi dell’ultimo anno pre pandemico ai 4.602 di quest’anno, l’Austria da 568 a 1.106, la Francia da 1.372 a 1.886, la Spagna da 1.227 a 1.685, Svizzera e Lichtestein da 1.159 a 2.041 e così via. Alla fine, il lavoro di rafforzamento dei mercati tradizionali e quello di ingresso nei nuovi (i Paesi Baltici, la stessa riscoperta del del Regno Unito) stanno assorbendo quello che altrimenti sarebbe stato un gigantesco problema».

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