Il ristoratore di Rimini: «Vivo in un’isola gioiello delle Filippine, offro ogni giorno il calore della Romagna»

Rimini

«Ho esportato l’ospitalità romagnola nel cuore delle Filippine». Il suo è uno dei resort che brillano oltreoceano, un angolo di paradiso che porta migliaia di turisti a gustare primi con sughi alla riminese ma anche piade e cassoni. Lui è il 38enne riminese Andrea Valeriani e ha cambiato vita assieme ai genitori, lasciando ogni certezza otto anni fa. Dal settore dell’abbigliamento è passato alla ristorazione finché nel 2012 un amico ha invitato tutta la famigliola a esplorare Malapascua, una piccola isola a nord est di Cebu, nelle Filippine, dimensioni 2 chilometri per 700 metri. Una gemma incastonata nel blu che offre spettacolari itinerari subacquei, l’unico luogo al mondo, peraltro, dove l’incontro con gli squali volpe è la normalità perché ogni mattina salgono dagli abissi e si fanno mettere a nuovo dai pesciolini pulitori.

«È stato amore a prima vista - esordisce Andrea - e da lì a poco mi sono trasferito qui aprendo una società». Ora gestisce un ristorante e un resort a venti metri dal mare, contando sull’aiuto della mamma, Teresa Zedda di 59 anni e del padre Maurizio di 65.

Andrea, cosa la convince ogni giorno a rimanere?

«Innanzitutto il posto spettacolare che sembra uscito da una pellicola hollywoodiana ma anche la facilità di investire e aprire un resort offrendo tutti i comfort possibili. Qui la natura è incontaminata, una di quelle nicchie che gli esperti suggeriscono di visitare finché la storia non cancellerà gli angoli più selvaggi del mondo».

Che differenze vede con il turismo romagnolo?

«Qui i ritmi sono molto più blandi mentre in Riviera esistono solo due stagioni: una con i turisti e l’altra senza. Una prospettiva che, quando sei giovane, pesa parecchio. La nostra, al contrario, è un’isola fuori dal mondo con spiagge bianche e inesplorate. Una terra vergine dove realizzare i sogni ma senza i rischi corsi da Robinson Crusoe perché c’è sempre un bel po’ di gente (ride, ndr). Quanto al personale, ti colpisce la sua predisposizione al sorriso, l’entusiasmo e il clima di fiducia reciproca che si respira ovunque. Lavoro 14 ore al giorno, è vero, ma posso contare su una rete a conduzione familiare che si dedica al turismo a 360 gradi».

Com’è il suo resort?

«Una chicca da 15 camere tutta nei toni del bianco, come preannuncia il nome “Blanco Beach resort”, e costellata da semplici muretti a secco che ricordano le atmosfere della Grecia. Il complesso è dotato di un bar e un ristorante sul mare, che in tutto contano una trentina di coperti. Sul menu, da gustare con i piedi nella sabbia e le preoccupazioni in soffitta, prevale il pesce in tutte le sue declinazioni, compresi i sughi che mangiamo in Romagna ma non mancano piade e cassoni, senza dimenticare qualche nota internazionale. Made in Italy infine anche vini e liquori. Quanto ai dipendenti sono 22 e il più “vecchio“ ha 26 anni. Più quote rosa che uomini, 17 in tutto. Del resto se fosse per me assumerei solo donne: hanno sempre una marcia in più. Quanto alla stagione alta, siamo imballati da dicembre fino a maggio».

Il suo resort è stato cornice di una storia indimenticabile?

«Sono fioccate tante dichiarazione d’amore, soprattutto sulla terrazza da 50 metri quadri a picco sul mare. Ricordo bene un gruppo di olandesi dove c’era una coppia separata con figli. Lei ha trovato il coraggio di chiedere all’ex di risposarla tirando fuori l’anello e lasciando tutti col fiato sospeso. Un gesto, il suo, premiato dal lieto fine».

Quali clienti prevalgono?

«Gli asiatici, dalla Corea a Hong Kong e Giappone, oltre a turisti da tutta Europa con un target trasversale: dalle coppie ai sub».

Cosa non le fa rimpiangere Rimini che dista un giorno e mezzo di viaggio?

«I rumori del villaggio all’alba con i pescatori che prendono il mare. Ma anche la natura splendida in ogni dettaglio a partire dai fiori frangipane, da cui si ricavano famosi profumi, oli e creme, oltre che le classiche collane con cui accogliamo i turisti. Quanto ai filippini sono un popolo vitale, talvolta chiassoso: una delle attrazioni principali sono i galli da combattimento, una tradizione feroce e antica, tra casette fatte di niente e volontà di vivere alla giornata. Un mondo in technicolor sotto stelle che in Italia neppure t’immagini».

Cosa ha imparato?

«Ad andare oltre le apparenze. Un esempio? Il durian, uno dei frutti più gustosi, appena aperto ha un odore fortissimo, eppure il sapore è squisito e non ha nulla da invidiare a mango e papaya che qui crescono ovunque».

Dove si vede tra 10 anni?

«Sull’isola a fianco di Fabienne, la mia fidanzata di origine svizzera che lavora nel mio stesso settore. Ci vogliamo bene da sette anni e abbiamo ancora tante avventure da vivere assieme. L’affitto della terra su cui sorge il resort scade nel 2030. Poi si vedrà».

Cosa ha portato in valigia da Rimini?

«Il valore dell’accoglienza e la capacità di far rilassare le persone, complici buone vibrazioni e professionalità. Noi romagnoli facciamo amicizia con i clienti, anzi si crea un legame che prosegue negli anni. Vendiamo il sole, a dirla com’è, e accogliamo tutti con un bicchiere di vino».

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