“Dalla Romagna a New York: “Ero obeso e mi sono regalato la maratona”
- 06 novembre 2023

Uno scrittore igeano alla Maratona di New York. «Essere romagnolo fa sempre la differenza: noi viviamo di corsa». È sceso in pista fra 50mila corridori di 140 paesi che hanno partecipato alla maratona più celebre del mondo. Una manifestazione iconica, giunta ieri alla sua 52ª edizione, in cui è brillata una delegazione di 2368 stranieri che ha visto l’Italia come il Paese più rappresentato dopo i padroni di casa. La colorata brigata, che mischia professionisti di caratura con appassionati che buttano il cuore oltre l’ostacolo, è partita ieri alle 8.40 (ora di New York) da Staten Island, ai piedi del ponte di Verrazzano, per attraversare i cinque distretti della Grande Mela fino a arrivare a Manhattan, con Central Park come traguardo. A centrare l’obiettivo anche il 36enne igeano Francesco Raimondi, bancario a Cesena, oltre che scrittore con all’attivo titoli come “Il macellaio di San Pedro” e “I pirati handicappati”. Tra le passioni, oltre alla corsa, anche la cura dell’orto e la cucina. A attenderlo una giornata che è un inno allo sport dove nulla è lasciato al caso, a partire dal sostegno accordato ai runner: dall’acqua e gli integratori disponibili ogni miglio a partire dal terzo ai gel energizzanti dal 12esimo al 23esimo miglio, oltre alle banane offerte dal 21esimo al 23esimo.
Raimondi, che ci fa uno scrittore alla maratona più famosa del mondo?
«È una sfida con me stesso. Fino al 2012 ero obeso e non avrei mai immaginato un simile epilogo. Questa competizione era un sogno nel cassetto e di corsa in corsa, da sei anni a questa parte, eccomi qua. Ho preso nota dei colori di New York in autunno, dell’entusiasmo ma anche delle persone accalcate. Sarà un’esperienza lunga da digerire, magari la comprenderò appieno solo a distanza di tempo. La partenza stessa è organizzata a scaglioni, a partire dalla mattina e il mio turno è scattato alle 11.30».
Sbarca nella Grande mela come principiante allo sbaraglio o dopo allenamenti rigorosi?
«Arrivo come dilettante ma non allo sbaraglio. La prima maratona che ho affrontato, nella scorsa primavera, è stata quella di Rimini dove ho commesso errori divenuti bagaglio di esperienza. Mi sono allenato con tante uscite, son stato attento all’alimentazione e, nell’ultimo mese, ho del tutto abbandonato l’alcol. Nemmeno una birretta durante l’aperitivo, che fatica».
Essere romagnolo fa la differenza?
«La fa sempre, non solo nella maratona. Il ritmo è nel nostro Dna. Scrivere di corsa potrebbe essere il sottotitolo della mia vita, del resto non abbandono mai il fedele bloc notes. Mentre corro, porto con me anche i miei punti di riferimento locali: il bar Bordonchio, mio sponsor principale, la Dinamo running di Bellaria, società podistica dove sono iscritto e l’Avis di Bellaria Igea Marina, di cui son socio donatore dal 2007. In valigia ho una maglietta per ogni pezzo della mia storia».
Dettagli che non dimenticherà mai?
«Il clima di festa che si respira. Tutta la città che si ferma e gli incitamenti dal primo all’ultimo minuto, con un pubblico da star persino per principianti come me. Una giornata indescrivibile e emozionante. E poi la fatica ma soprattutto l’orgoglio di avercela fatta. Al traguardo, oltre alla medaglia, ci attendeva una recovery bag a stelle e strisce, contenente una bibita con integratori salini, un pretzel, una mela e una barretta proteica».
Come l’hanno presa familiari e amici?
«Con la classica battuta: “Te sei matto!”».