Crollo della dittatura, il dentista siriano a Rimini: “Peggio di prima non può andare, sono ottimista”

RIMINI. Il cuore diviso fra la Romagna e la Siria, Michel Dibb vuole essere ottimista e spera che questo volta sia un nuovo inizio per il suo Paese di origine. Lui e sua moglie Valentina (figlia di un padre siriano e di una mamma romagnola) sono cattolici. Dentisti, hanno frequentato un master di specializzazione in odontoiatria a Siena e hanno aperto uno studio dentistico sul porto canale di Rimini, dove sono arrivati nel 2014, e dove vivono con i due figli.
Michel, quando siete arrivati in Italia e perché?
«Siamo arrivati nel 2001 per studiare a Siena. Nel 2005 siamo tornati in Siria, ad Aleppo, dove abbiamo messo in piedi un nostro studio professionale. Ma, dopo siamo andati a lavoro in Arabia Saudita, nel 2014 abbiamo scelto di venire in Italia per costruire un futuro migliore e di non tornare in Siria; perché era diventato impossibile dopo la primavera araba tornare sia per motivi di sicurezza sia per la situazione economica e in particolare per i cristiani. Ad Aleppo era già da qualche anno che la gente stava scappando. Noi abbiamo scelto di venire a Rimini».
Come si viveva in Siria prima della guerra?
«Era tutto normale e si stava bene anche a livello economico. Era molto più dura con Assad padre mentre il figlio sembrava più moderato e sembrava volesse dare più libertà e migliorare il paese. Ma poi tutto è cambiato. All’inizio noi come cattolici eravamo in un paese ideale. Assad figlio proteggeva la minoranza ed era vicino anche alla Chiesa perché voleva consenso».
Cosa è rimasto di vostro in Siria?
«Lì ci sono le case dei nostri genitori, parenti e amici».
Ci siete più tornati?
«No. Dal 2010 non siamo più tornati ma siamo comunque in contatto con parenti e amici».
Come vi siete trovati a Rimini?
«Benissimo. Veramente quando siamo arrivati avevamo un po’ paura perché il nostro era un salto nel buio. Ci dicevano che in Italia era tutto difficile. In Arabia dicevano che eravamo matti perché la gente dall’Italia se ne andava via e noi invece ci volevamo andare. Invece, sia a livello sociale sia a livello professionale, di lavoro, ci siamo trovati benissimo. Certo, non siamo partiti da zero ed eravamo già iscritti all’albo dei medici. Valentina, poi, è nata a Bologna... Forse siamo stati fortunati. Ma noi siamo rimasti molto soddisfatti della nostra scelta».
Che idea si è fatto? Come mai il regime è crollato in così pochi giorni?
«A me verrebbe da chiedere: perché è rimasto lui? Non perché è forte ma perché Russia e Iran hanno voluto che rimanesse. Lui da solo non ce l’avrebbe fatta. Venendo meno l’appoggio russo ha capito che era meglio abbandonare».
Cosa vi aspettate succederà adesso?
«Secondo me siamo in una situazione diversa da quella del 2010-2011. Questo non è un semplice gruppo ribelle ma dietro c’è qualcuno, secondo me la Turchia... Entrano in modo organizzato e chiaro, sanno cosa fare e come. Stanno contattando i cristiani e la chiesa e cercando di infondere tranquillità. Il popolo però, siccome ha vissuto la dittatura, ha paura».
In questi ribelli che hanno preso il potere ci sono ex di Al Qaeda...
«Sì, ci sono ex terroristi e adesso indossano un altro vestito. Io però non credo ci sia un cambiamento di ideologia ma solo una cambiamento di modo di fare. Sono sicuro che si manifesterà uno stato islamico. Il dubbio è fino a dove lasceranno libertà per gli altri, tipo i cristiani? In Siria ci sono tante etnie e religioni: cristiani, drusi, curdi ecc.».
E’ ottimista o pessimista?
«Io sono ottimista perché peggio di prima non può andare. Prima c’era una libertà limitata: potevi fare tutto ma non parlare di politica. Adesso tutto è buio. Bisogna attendere per capire cosa accadrà. La gente ancora non ha fiducia. Ho sentito degli amici musulmani e dicono che sono contenti. Fra i cristiani alcuni sono contenti e alcuni preoccupati, ma anche questi dicono che ormai non c’era più nulla da perdere, dicono che la vita era diventata impossibile».
Pensate di tornare un giorno nel vostro paese?
«No. E lo dico con tanta amarezza. Lo dico per i figli, per il futuro... Ma spero e mi auguro che ci sia una nuova linea che si consenta di poter tornare a visitare la Siria. Ma per viverci ormai non credo più».