Cattolica. “Torna da Putin”. Ucraino contro la vicina russa, assolto dopo due anni: non è razzismo

Rimini

Si è conclusa con l’assoluzione del condomino ucraino, la querelle legale, fatta di denunce e contro - denunce, tra due residenti nello stesso palazzo di Cattolica: una donna russa cinquantenne (sposata con un riminese) e uomo, appunto, ucraino, quarantenne. Ad esasperare l’astio, come è semplice immaginare, è proprio la nazionalità dei due vicini di casa, provenienti dalle due nazioni in guerra. Ed è stato proprio intorno al 10 marzo del 2022, due settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, che si era verificato l’episodio che ha fatto traboccare la goccia dal vaso. «Tornatene da Putin» le aveva detto l’ucraino, condendo la frase con epiteti sessisti e a sfondo sessuale. Parole pronunciate sul ballatoio, al rincasare della donna russa, che ha poi raccontato di essere stata aggredita dall’ucraino, che da anni le dava il tormento. Lo stesso che secondo quanto da lei denunciato, avrebbe anche messo della colla nelle serrature del suo appartamento con l’unico obiettivo di farle un dispetto.

Per la giudice Manuela Liverani, però, quanto detto dall’ucraino non costituisce reato. L’accusa, quella di odio razziale (le ingiurie sono ora illeciti amministrativi) non avrebbe trovato fondamento in quanto dimostrato a processo. Così, per il quarantenne richiedente asilo politico in Italia, difeso dall’avvocata Maria Luisa Trippitelli, è arrivata una completa assoluziuone. «Non è un insulto razzista dire a qualcuno “Tornatene da Putin”. E’ come dire - spiega la legale Trippitelli - “tornatene da Macron” a un francese. Inoltre, i nostri testimoni hanno riferito a processo che il mio assistito non aveva rivolto insulti alla vicina russa. E nemmeno il marito di lei ha confermato in toto quanto denunciato. Soprattutto in merito all’episodio della colla nella serratura, per il quale anche il pm, Daniele Paci, ha chiesto l’assoluzione». Se per il danneggiamento la Procura non aveva reputato responsabilità, al contrario l’aveva rinvenuta in merito all’odio razziale, chiedendo la condanna.

A sua volta, la russa (assistita dall’avvocato Stefano Caroli) era stata denunciata dall’ucraino cinquantenne e da altri residenti nello stesso palazzo, tutti ucraini, a parte una famiglia di rumeni.

Ora, nell’attesa del volgere al termine del secondo procedimento, è d’obbligo comunicare che l’ucraino comparso sul banco degli imputati ha traslocato e cambiato casa.

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