Province chiuse: ecco i danni ai cittadini

Rimini

RIMINI. Parto da un caso molto concreto per cercare di spiegare come, da quando sono state tolte le Province, l’Italia sia un paese più povero e, a farne le spese, siano stati sopratutto i cittadini. Il caso è quello di Paola Fantoni, la dipendente non vedente del Comune di Rimini aggredita mentre si recava al lavoro, insieme al suo cane guida Mia, da un altro cane. Con la Provincia ancora in piena funzione sarebbe stata accompagnata al lavoro e riportata a casa da un servizio di trasporto dedicato e finanziato da un accordo con la Provincia di Rimini e l’Unione ciechi. Tolta la Provincia, tolto il servizio, ma non è tutto. Il problema è che più ci allontaniamo dai territori più aumenta la burocrazia, e il pubblico diventa sempre meno servizio al cittadino e sempre più qualcosa di distante, di autoreferenziale.

Una riforma seria, prima di cambiare in maniera così invasiva lo scenario, indica chiaramente dove e a chi vanno dirottate le risorse per gestire i servizi al cittadino. Questo non è stato fatto, travestendo la chiusura di servizi e il taglio drastico di risorse pubbliche con una finta riforma che lascia in piedi uno scheletro senza più il sangue e l’ossigeno per poterlo fare funzionare. Sì, perché eliminati i politici, tutto il resto è rimasto, o meglio, sono rimasti i dipendenti, le sedi, i costi, ma non più i servizi e le risorse economiche.


Un killeraggio di cui fanno le spese soprattutto i comuni più piccoli, che non hanno le risorse e le potenzialità per farcela da soli e e per cui la Provincia era sempre stata un aiuto fondamentale. Soprattutto in montagna, una frana, una strada che crolla, il trasporto e l’assistenza scolastica, l’agricoltura, la protezione civile. Per non parlare dell’edilizia scolastica che ha bisogno ogni anno di grande manutenzione. Qualcuno ha pensato cosa poteva accadere nel 2011 durante il nevone senza la Provincia? Oggi ci si arrangia e, come sempre in Italia, quelli che dovrebbero essere diritti si trasformano in concessioni che, a macchia di leopardo, alcune zone hanno la fortuna di ricevere ed altre no. A Rimini siamo anche fortunati, il Comune capoluogo sta caricandosi sulle spalle molto del carico lasciato a terra dalla chiusura della Provincia, ma comunque non basta. Hanno sovraccaricato i Comuni capoluogo di responsabilità senza le necessarie risorse e fregandosene dei più piccoli, a cui ovviamente il capoluogo non può rispondere da solo. Rimane la Regione, ma la Regione è altra cosa, è lontana, è una amministrazione non abituata all’interazione diretta con i cittadini, con le periferie del suo territorio.


L’assistenza dei disabili a scuola è un altro servizio fondamentale che ora, nonostante gli sforzi di Rimini, sta andando in crisi; è un problema che vivo sulla mia pelle, con la mia famiglia, e in province vicino è anche molto peggio. In più, oggi, se hai bisogno di questi servizi, non hai più un funzionario da andare a trovare nel suo ufficio, ma una sorta di call center istituzionale dove tutto diventa burocrazia, immateriale, irraggiungibile.


Quello che la riforma ha chiuso non sono le Province, ma un servizio di supporto diretto ai cittadini e ai territori, un veicolo di identità locale e di sostegno ai territori. I danni sono già evidenti sul territorio, e lo saranno sempre di più, almeno fino a quando non si troverà il coraggio di rimettere mano non tanto alle Province, che non interessano a nessuno, ma ai territori, ai piccoli comuni e a quelle persone che, come Paola, oggi rimangono da sole e indifese, senza nessuna che le accompagni e le custodisca.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui