A Rimini il fornaio giramondo, in tour per nove mesi: «Così imparo i segreti per panificare»

Rimini

«Da Berlino a Berlino, dopo un tour di nove mesi alle varie latitudini e longitudini dello Stivale per studiare sul campo i vari saperi “panificatori” del nostro Paese e tornare in Germania ad aprirsi un’attività tutta sua.

Documentando il “viaggio di formazione” con un libro scritto settimana dopo settimana da presentare poi in diversi dei territori tracciati.

E’ l’originale progetto di Fabio Targhetta, fornaio 34enne di origine veneziana emigrato nel 2012 e appena ripartito dalla provincia di Rimini per il suo Veneto dove sta affrontando la 23a tappa di una bellissima avventura che nell’ultimo mese si è nutrita di tradizione romagnola fra San Leo, Onferno e Montebello.

Partiamo dall’inizio, come nasce questo progetto?

«Sono a Berlino da oramai 12 anni e ho lavorato in quattro forni specializzandomi in pane tedesco con la segale. A un certo punto mi è venuta voglia di immergermi nella panificazione italiana e ho unito questo desiderio con la passione per il viaggio proponendomi come volontario in forni del nostro Paese in cambio di vitto e alloggio: c’è chi mi ha preso una stanza in una struttura, chi mi ha ospitato sul divano, chi mi ha fatto arrangiare in qualche modo...».

Quanto durerà questo tour di formazione?

«Sono partito il 4 maggio, in media sto circa 10 giorni in ogni località e ho saltato solo Trentino, Sicilia e Valle d’Aosta, Quello aperto dalla cooperativa di comunità Fermenti Leontine a San Leo e Pasta Madre a Onferno sono state la 21a e la 22a tappa di un’esperienza che si concluderà a gennaio. Con Lorenzo Cagnoli ho partecipato anche all’evento “Montebello VINImaturi” di lunedì 20 novembre, dove ho visto una grande sinergia fra produttori, cuochi e vignaioli. Ora sono da “Giulia” di Tocio Bread a Noale, che ha appena vinto il premio Panettiere Emergente del Gambero Rosso».

Che cosa le sta lasciando questo progetto e quale è l’obiettivo finale?

«Sto facendo un bel bagaglio d’esperienza e scrivendo un diario di viaggio su cui annoto luoghi, tipicità, tipi di grano e miei punti di vista sull’Italia rurale, la filiera corta, il rapporto fra contadini, mugnai e fornai. Ho già contatti con un editore di Firenze per farne un libro e l’intenzione è presentarlo poi in gran parte delle località e dei territori in cui sono stato. Una volta a Berlino, metterò a frutto questo arricchimento per cercarmi una fattoria in Germania, se possibile nel Brandeburgo, e creare un mio luogo in cui concretizzare la mia idea di panificazione e pizzeria in una filiera cortissima».

Da emigrato ultradecennale, che Italia sta trovando lungo il percorso che sta facendo?

«Un Paese in cui spesso vengono perse tante occasioni ma che è molto laborioso e impegnato. Un’Italia che ci sta provando».

E in Romagna come si è trovato?

«E’ il territorio che mi ha stupito di più in positivo. Ho scoperto tante realtà virtuose, impegnate sul territorio, che ci mettono l’anima e sono vicine al consumatore finale a livello di trasparenza. L’attitudine è simile a quella del mio Veneto, ma con un entroterra molto più vivo e legato alle tipicità».

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