Rimini. Violentata dall'ex, condannato a 11 anni

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Undici anni di reclusione. È la pena inflitta dal Tribunale di Rimini a un siciliano di quarantacinque anni «violento, furbo e manipolatore» secondo la definizione che ne ha dato in aula il pubblico ministero Davide Ercolani.

L’imputato doveva rispondere delle accuse di maltrattamenti, lesioni, violenza sessuale ed estorsione. È in carcere da quasi un anno e in collegamento telematico dal carcere ha respinto gli addebiti, definendo esagerazioni e invenzioni le parole della parte offesa, una donna più grande di lui assistita dagli avvocati Valentina Vulpinari e Francesco Bragagni. I giudici (presidente Adriana Cosenza) hanno anche disposto un risarcimento di cinquantamila euro nei confronti della signora e di diecimila nei confronti della figlia (anche lei sottoposta a maltrattamenti).

Secondo l’accusa avrebbe picchiato e stuprato la donna con la quale aveva convissuto per quasi un anno dopo che lei gli aveva espresso l’intenzione di mettere fine alla relazione. La donna, che per mesi aveva subito le angherie dell’uomo consegnandogli via via somme di denaro fino a ottomila euro per paura di ritorsioni («Ti faccio ammazzare da un mio cugino”), non lo aveva mai denunciato per paura. È stata la figlia, una ragazzina frutto di una precedente relazione, a fotografare gli ematomi della madre e inviarli via mail alla polizia di Stato. A quel punto la donna si è confidata con gli agenti della Squadra mobile della questura di Rimini. Il loro intervento ha scongiurato il peggio.

I due si conoscono in una chat di incontri e l’uomo si approfitta della condizione di debolezza della donna, reduce da una serie di lutti. Si piazza a casa con un pretesto, ma nella convivenza affiorano i problemi. Lui la inganna, beve fino a sette birre al giorno, non si preoccupa di trovarsi un lavoro e non accetta rimproveri. Le offese non si contano più, così come le continue pretese di soldi. Se non fa come dice, lui la prende a schiaffi, oppure, più subdolo, usa uno straccio bagnato per picchiarla così da non lasciare segni. Una volta con un calcio in bocca le fa saltare due incisivi. Quando la donna lo mette alla porta lui decide di lasciarle un ultimo ricordo. La prende di peso, la butta sul letto, le strappa i vestiti, la graffia e la violenta, la umilia dicendole: «Vecchia put... questa è l’ultima volta...». Ma l’incubo finisce soltanto quando scattano le manette.

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