Rimini, "Vi racconto la mia giornata lavorativa da 14 ore in albergo"

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Fino a 14 ore al giorno, niente turno di riposo, il costo per l’attivazione del voucher sottratto dalla paga. È il caso limite di un dipendente stagionale riminese che si è rivolto alla Cgil di Rimini per tentare di fare valere i suoi diritti. Un caso, non certo il primo, che fa emergere problemi nell’industria del turismo. Situazioni del genere si ripetono soprattutto nelle gestioni più torbide, che di tanto in tanto finiscono per diventare oggetto di inchieste della magistratura. Gli albergatori su questo punto alzano il muro: «Fuori la mafia dal turismo», ha detto commentando l’inchiesta “Popilia” la presidente degli Albergatori di Rimini Patrizia Rinaldis, che punta il dito soprattutto nei confronti delle attività in odore di riciclaggio.

Andrea (nome di fantasia), trentenne cameriere o responsabile di sala in diversi alberghi di Rimini dal 2012 lo sfruttamento lo ha provato sulla sua pelle.
«Gli orari sono sempre dalle 7, raramente dalle 6.30, alle 14/15. In un hotel anche 16. Si torna alle 18/19 fino alle 21:30, se va bene, se no anche alle 23 – racconta –. Quindi, se sei fortunato fai 10 ore al giorno, se no anche 14. Ovviamente senza giorno libero».

Sul versante dello stipendio, «verso Rivazzurra al massimo 1.500 euro – aggiunge –. A Marina Centro un hotel paga 1.300 euro, però fa fare il doppio delle ore perché il personale non è qualificato. E a Rivabella sono stato “fortunato”: il primo anno 1.400 euro, il secondo anno 1.600 euro, il terzo anno 1.800 euro. Ero sempre nello stesso albergo, quindi sale il livello».

Ma anche dietro a questi importi non mancano i problemi: «Nonostante lo stipendio sembri buono, la titolare tirava spesso fuori questa cosa per chiedere sempre più favori – spiega –. In più, in un primo momento mi pagava con il voucher, però mi pagava di meno perché mi scalava le spese che doveva pagare per attivarlo».

Al punto che Andrea ha chiesto l’intervento dell’Ispettorato del lavoro, andato a buon fine con una sanzione. «E ho firmato il contratto perché è arrivato l’Ispettorato – sottolinea –, se no non l’avrei firmato».

A Marina Centro «hanno provato a pagare di meno a causa del Covid – continua –. Volevano pagare 1.000 euro». Ma questa ulteriore segnalazione all’Ispettorato non ha ottenuto alcun risultato.

Insomma, «penso che tutti se ne approfittino un po’ troppo – commenta –. Vogliono pagare poco e far lavorare molto. Poi si lamentano che non trovano personale».

Più aspetti da migliorare
«Il dibattito sul lavoro stagionale non può essere centrato esclusivamente sul lavoro irregolare – è convinto Mirco Botteghi, segretario generale della Filcams-Cgil di Rimini –. Bisogna prendere in considerazione anche la disoccupazione per i lavoratori del turismo e le politiche attive del lavoro, e il rapporto fra le scuole e il tessuto economico».

Ovvero, «con l’introduzione di una disoccupazione più lunga, magari anche legata a meccanismi virtuosi (più si è in regola, più la durata aumenta) e con i corsi di formazione, l’anno successivo un lavoratore del turismo sarà ancora un lavoratore del settore – spiega –. Se non si riesce a trovare personale, in parte è a causa di una disoccupazione talmente breve che le persone si guardano attorno alla ricerca di un’altra occupazione».

Inoltre, «tutti gli anni centinaia di ragazzi formati nel turismo escono dalle scuole, però non vengono occupati nel settore – aggiunge –. E le aziende come cercano i lavoratori stagionali, se i Centri per l’impiego gestiscono solamente il 3% delle offerte di lavoro?».

La polemica sul Reddito di cittadinanza preferito a un lavoro stagionale «è sterile – non usa mezzi termini –. I dati della Corte dei Conti ne sono la pietra tombale: a fronte di 1.200.000 percettori del Rdc, ai navigator sono state sottoposte 56.000 offerte di impiego».

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