La Fondazione Cassa di Risparmio riduce il sostegno economico destinato a Uni.Rimini e mentre sperano in un ripensamento il sindaco Jamil Sadegholvaad e la vice Chiara Bellini avvertono: «L’Università non può essere una priorità solo per il Comune». Tutti devono partecipare, anche economicamente.
Cosa è successo
Nel 2024 calano i fondi che la Fondazione trasferisce a Uni.Rimini. Si tratta in “soldoni” di un sostegno finanziario garantito fino dagli Anni Novanta. Fatti due conti la quota devoluta all’ente sociale che gestisce il campus universitario dovrebbe passare dal 13,5 per cento di quest’anno (vale a dire 211.867 euro) al 5 per cento (78mila euro). Il presidente della Fondazione, Mauro Ioli, ha ricordato che negli anni «nessuno come noi» ha contribuito alla crescita dell’Università. Il presidente di Uni.Rimini, Simone Badioli, ha espresso invece preoccupazione.
“Non si fa così”
Il Comune detiene il 25,48 per cento di Uni.Rimini e il contributo annuale vale 400mila euro. «Condividiamo la preoccupazione del presidente Badioli – commentano Sadegholvaad e Bellini -. Lungi da noi entrare nelle dinamiche interne che hanno portato alla scelta di un progressivo arretramento nella partecipazione azionaria ma resta il fatto che “l’avviso ai naviganti” non è di quelli cui la comunità locale possa prendere atto facendo spallucce».
Le ragioni? «Uni.Rimini, e in generale l’Università a Rimini, nonostante il successo e i numeri in crescita presentano ancora, probabilmente a causa della loro giovane età, diverse criticità per quanto riguarda il contributo del tessuto istituzionale, sociale ed economico locale alla vita e alle prospettive dell’educazione accademica. Detto in soldoni, non si è completata la fusione tra le sorti del territorio e quelle dell’ateneo, creando di conseguenza diversi problemi materiali e immateriali».
“Non siamo solo noi”
Tutte premesse che portano Sadegholvaad e Bellini al punto focale. «L’Università a Rimini non può essere questione che riguarda, anche finanziariamente ma questo non è il principale problema, il Comune di Rimini. L’Università è nata su un patto in cui la componente privata e quella pubblica convergevano sulla strategicità dell’altissima formazione come motore di un salto di qualità complessivo del sistema territoriale; numero di laureati, capacità di assorbimento degli stessi da parte delle aziende e imprese locali, formazione di una classe dirigente informata, consapevole, responsabile, con i piedi ben saldi a Rimini e allo stesso tempo lo sguardo al mondo. In questo senso la partecipazione attiva allo sviluppo dell’Università era e resta un compito sociale primario e prioritario».
“Meglio fare squadra”
C’è comunque spazio per una retromarcia. «Auspichiamo ancora in un ripensamento da parte di Fondazione».
Ma? «C’è da mettere in evidenza se e in che modo la comunità individui nell’Università uno dei pilastri irrinunciabili a cui agganciare il proprio presente e il futuro. L’amministrazione, gli enti e le associazioni presenti oggi nella compagine societaria di Uni.Rimini danno risposta positiva a questa domanda ma serve oggi più che mai allargare il panel dei soci, chiedendo soprattutto alla componente privata (individuale e associativa) che finora se ne è stata ai margini se non addirittura fuori una nuova e convinta partecipazione».