Un giardino incolto sul mare che porta con sé una ventata di poesia. È nascosto a Viserbella tra le zone 54, ex Bagno Franco, e 53, all’ombra di quella che tutti conoscono come Torretta, dimora costruita nel 1929 e acquistata nel 1959 da Giuseppe Ferraretti, medico di San Giovanni in Persiceto. L’idea a Veronica Gugnali, residente a pochi passi dal giardino, è venuta nel 2020. Laurea in Scienze politiche, un passato come educatrice ambientale, un presente da insegnante della scuola primaria, da sempre amante delle piante, è convinta sostenitrice del concetto di ‘abitanza’ nonché acuta osservatrice. Un giorno ha preso coraggio e ha suonato alla porta della famiglia Ferraretti, per illustrare il suo progetto: prendersi cura, a titolo gratuito, di quel piccolo tratto di spiaggia privata inutilizzata per farlo diventare un giardino “salvatico’’, testimonianza concreta per residenti e turisti di un luogo non sfruttato, lasciato essere com’è, oasi abitata da forme di vita spontanee.
Come ha reagito la famiglia Ferraretti alla sua proposta?
«Con grande attenzione, invitandomi a casa a presentare il mio progetto. Si sono fidati e superati i legittimi dubbi iniziali ne sono diventati parte attiva. Sono passati tre anni e abbiamo deciso di continuare, amano il giardino tanto quanto lo amo io, vengono a Viserbella per godersi la visione delle fioriture spontanee. Non potrò mai ringraziarli abbastanza per aver creduto in me».
La prima azione?
«Non fare più intervenire le ruspe per spianare. Ora dopo quasi quattro anni si sta riformando la duna naturale. La spiaggia è un sistema vivo e si modifica da sola: le piante che la affollano radicando trattengono piccoli legnetti, conchiglie, foglie secche o piante appassite e questo ricrea con l’aiuto del vento movimenti naturali, ripari e nuove vegetazioni. Vi sono delle specie di piante, dette non a caso pioniere, che arrivano da sole e colonizzano. La vita è movimento».
Come procede il lavoro?
«La mia attività consiste nel coltivare l’incolto, nell’esserci e osservare, tenere pulita l’area dai rifiuti che possono arrivare dalla spiaggia, accompagnare con amore la crescita della vegetazione, incentivarla seminando semi raccolti in zona e sperimentando qualche nuova piantumazione. Il giardino è un’oasi di libertà piena di vita, sono tornati piccoli insetti innocui, gli impollinatori, le lucertole, le libellule, i codirossi. Le fioriture sono molto intense e si alternano secondo un ritmo naturale al giallo secco di ciò che appare morto ma non lo è, si sta solo preparando a nuove fioriture».
Come va la coabitazione con gli stabilimenti balneari?
«Trattandosi a tutti gli effetti di una proprietà privata nessuno ha da ridire, magari semplicemente perché non può. Certamente questo piccolo tratto di arenile non corrisponde all’attuale canone di ordine e cura del verde che va per la maggiore. I turisti sono incuriositi, quando sono a innaffiare mi chiedono informazioni. Inizialmente il mio lavoro è stato sostenuto e condiviso anche dalla famiglia Cima, ex conduttori dello stabilimento 54. Tantissimi anni fa era normale coltivare piccoli orti tra le dune e mettersi a riposare sotto gli alberi».
Cosa si augura?
«Che il Giardino delle sabbie sul mare, come un semino vagabondo possa volare lontano e attecchire anche da altre parti. Siamo in tanti a desiderare spazi liberi, silenziosi e paesaggi marini che non contemplino solo cemento e stabilimenti balneari e aprirli, perché no, a progetti educativi o cura. È sotto gli occhi di tutti che le aree fino a qualche tempo fa incolte si stiano trasformando a colpi di asfalto troppo velocemente in parcheggi senza che venga piantato nemmeno un albero. I terreni incolti sono una ricchezza collettiva».