Rimini. Ucciso in casa: contestato l'omicidio volontario

Omicidio volontario aggravato dalla minorata difesa: quando Marcos Antonio Quispe Luyo ha sferrato le tre coltellate, una delle quali mortali, Leonardo Vinces Ballena non era in grado di difendersi, steso a letto, “in stato di intossicazione acuta alcolica”. Il 17 gennaio del prossimo anno il 31enne peruviano si presenterà davanti alla Corte d’Assise per il giudizio immediato e, preannunciano i suoi legali, chiederà di essere giudicato con rito abbreviato.

Il 29 maggio scorso Quispe Luyio ha ucciso il suo inquilino nella casa dove lo ospitava, in viale Lussemburgo a Miramare, non nascondendo, all’indomani del fatto, che la convivenza forzata lo aveva esasperato: «Non voleva più andarsene – ha spiegato ai carabinieri – anche di notte ascoltava musica ad alto volume e teneva la tv accesa».

Un atto non premeditato, come escluso dall’imputazione, bensì degenerato dopo una colluttazione, secondo la difesa rappresentata dagli avvocati Carlo Alberto Zaina e Marica Pozzi, secondo i quali «la perizia non fuga i dubbi». Per l’accusa il 31enne peruviano ha usato un coltello da cucina con la lama da 15 centimetri per colpire il connazionale 35enne prima, con due fendenti, mentre si trovava sdraiata a letto con la schiena esposta al suo aggressore e poi, quando si è voltato, con un altro fendente al torace che ha leso polmone e aorta, determinando un’acuta emorragia mortale.

Quispe Luyo si è invece sempre difeso raccontando che «stavamo litigando, c’è stata una colluttazione, non so nemmeno chi tra noi abbia afferrato il coltello, io a un certo punto ho cercato di difendermi e l’ho colpito».

Un litigio che fa seguito ad altri avvenuti, sempre per lo stesso motivo: Vinces Ballena non se ne voleva andare di casa.

Anche la notte del delitto i due avrebbero discusso per le solite cose. Quando Quispe Luyo era rientrato da una serata con amici Leonardo Vinces Ballena era già a casa: l’ultimo sua gesto in vita un messaggio alla fidanzata. Poco dopo le telecamere all’esterno della casa riprendono il 31enne peruviano che bussa ai vicini per chiedere aiuto, affermando di avere trovato l’amico morto. La sua versione dura poco, neanche 24 ore dopo confessa.

Il 17 gennaio 2022 chiederanno di essere ammessi come parti civile i parenti del 35enne ucciso che ha una figlia di 8 anni, un’ex compagna, due sorelle e un padre che vivono tutti in Perù. Mentre in Italia da tempo risiedono un cugino e una zia, già indicati come parti offese nella citazione a giudizio, parenti tutti tutelati dall’avvocato Piergiorgio Tiraferri.

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