Rimini, ucciso a botte in hotel. L'assassino: "Mi costituisco", invece non si presenta

Aveva annunciato alla Procura della Repubblica e alla Squadra mobile della Questura di Rimini, di volersi costituire “Ivan”, il 45enne cittadino bosniaco, indicato come il feroce massacratore di Antonino Di Dato, l’affiliato alla camorra morto dopo nove giorni di agonia, dopo essere stato pestato per 25 minuti a suon di calci, pugni e bastonate in testa nella camera dell’albergo dove alloggiava. Gli investigatori riminesi, quindi si sono portati all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna nel giorno e all’ora prevista, ma dal volo proveniente dal paese natale del presunto killer dove non esiste l’estradizione con l’Italia, non è sbarcato. Inutile dire che l’aver mancato all’impegno preso, costituisce un ulteriore macigno sulla sua posizione processuale, resa già molto critica dalle deposizioni rese dai testimoni del pestaggio.


Il movente

Ma qual’era il debito da 7.500 euro che ha portato l’uomo ad organizzare la spedizione punitiva? Da quanto hanno appurato gli investigatori guidati da vice questore aggiunto Mattia Falso e coordinati dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli, il latitante voleva che Di Dato facesse fronte agli impegni sostenuti dal bosniaco, per garantirgli un rifugio e quant’altro dopo che l’affiliato alla camorra era sfuggito alla cattura nell’ambito dell’operazione Hammer, l’inchiesta dei carabinieri del Reparto operativo della Compagnia di Rimini che aveva portato alla luce come un cane sciolto sempre della criminalità organizzata campana, voleva mettere le mani sul racket delle estorsioni gestito da anni da un altro clan napoletano. Il bosniaco, che abita con moglie e figli a Rimini da anni, lo aveva preso in casa e nascosto dai rivali che avevano cercato di fargli la festa proprio come avvenuto nell’hotel Emanuela di viale San Remo a Bellariva. Poche ore dopo la morte di Di Dato, è da ricordare che qualcuno aveva seriamente danneggiato la macchina della moglie parcheggiata sotto casa. Un chiaro avvertimento.
Intanto c’è da registrare che uno dei tre personaggi in carcere con l’accusa di concorso in omicidio volontario aggravato, ha ottenuto gli arresti domiciliari. Si tratta di Bruno Francesco Cacchiullo, tarantino, che ha affidato la propria difesa agli avvocati Francesco Pisciotti e Massimiliano Giacumbo. Restano invece in cella Costantino Lomonaco da Taormina ed il croato Ivan Dumbovic.

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