Rimini. Uccise la moglie malata, la procura: processo per omicidio

17 maggio. È la data fissata perl’udienza preliminare in cui la giudice Benedetta Vitolo sarà chiamata a decidere quando la Corte d’Assise dovrà giudicare Filippo Maini, il 76enne ex infermiere, per cui il sostituto procuratore Luca Bertuzzi ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario aggravato dal grado di parentela della moglie Luisa Bernardini. Affetta da una grave forma di Alzheimer venne soffocata dal consorte nella loro casa di Riccione il 22 giugno dello scorso anno. Subito dopo Maini cercò di togliersi la vita, ingerendo i farmaci somministrati anche alla donna per stordirla. Quello commesso dall’ex infermiere, così come identificato dal pubblico ministero Luca Bertuzzi titolare dell’inchiesta, è un reato punibile con il massimo della pena, ovvero l’ergastolo; e questo perché, dopo la Riforma dell’ex guardasigilli Bonafede, non è stato più possibile chiedere di essere giudicati con rito abbreviato che permette di avere uno sconto di un terzo della pena edittale. Le opportunità offerte dal codice di procedura penale, però, non chiudono la porta a questa possibilità. Il difensore di Filippo Maini, l’avvocato Alessandro Sarti, potrà infatti impostare comunque la difesa del suo assistito sostenendo che quanto avvenuto nella casa dove i coniugi avevano vissuto per 53 anni, è stato un “omicidio del consenziente” e quindi chiedere che venga giudicato con rito abbreviato. La legge italiana, infatti, «punisce chiunque cagiona la morte di un uomo, con il suo consenso, con la reclusione da sei a quindici anni». La richiesta di rito abbreviato, però, deve essere obbligatoriamente avanzata in sede di udienza preliminare. Non venisse avanzata al Gup, in caso di derubricazione del reato, lo sconto di un terzo della pena, non potrebbe essere applicato.

L’omicida

Filippo Maini ha sempre sostenuto che la moglie avesse dato il suo assenso al progetto, non essendo più in grado di reggere la malattia. È quello che il marito, prima dell’omicidio e del tentativo di suicidio, aveva scritto in un biglietto: «Risparmiateci l’autopsia, tutto è molto chiaro, che abbiamo fatto abuso di benzodiazepine (con tanto descrizione dei farmaci assunti). Era diventata una vita di inferno, in un momento di lucidità ha deciso, anche lei, di farla finita. Grazie. Questo è un atto d’amore».

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