Rimini tra 800 e 900: i primi passi della ristorazione

Cultura

RIMINI. Siamo agli albori dell’industria del forestiero e l’argomento che andiamo a spulciare riguarda i primi passi della ristorazione, ovvero le prime “tavole calde” del lido.
Emblema di quest’epoca pionieristica è la Capanna svizzera, un pittoresco fabbricato sorto nel 1873 nei pressi dello Stabilimento bagni come deposito del materiale mobile della piattaforma e subito trasformato in trattoria “alla buona”. L’adattamento del locale al nuovo ruolo è talmente improvvisato e precario da evidenziare non poche lacune. Su Il Nettuno – periodico progressista, che annovera tra i collaboratori anche Giovanni Pascoli – il 13 luglio 1873 risalta questo trafiletto: «Consigliamo, pel loro interesse, i conduttori della Capanna svizzera presso lo Stabilimento bagni, a porre qualche segno più visibile che mostri essere essa realmente aperta al pubblico. Molti vedendo tutto chiuso, e non immaginando le porte segrete per entrare, dubitano se là dentro esista o no una locanda; quando invece c’è una trattoria al massimo buon mercato, un servizio decentissimamente condotto».

Alla fine dell’Ottocento i locali che concedono sul lido un sollievo culinario ad una clientela eterogenea, composta di villeggianti permanenti e bagnanti domenicali, vanno dal decoroso caffè-ristorante dello stabilimento balneare alle modeste capanne con uso di cucina, sparse un po’ ovunque sulla spiaggia. Il raffinato ritrovo dello stabilimento offre alla ricca e selezionata clientela – che di solito soggiorna nelle due palazzine municipali e negli alberghi di città – pranzi «a prezzi fissi» e «alla carta» con un’eccellente varietà di vini: «nostrani sceltissimi» e «premiati», nazionali ed esteri. Inoltre «liquori d’ogni qualità» e gran varietà di «dolci e confetture». L’inappuntabile servizio raggiunge a domicilio anche i «signori delle ville».
Baracche adattate a trattoria
Le baracche, adattate a trattoria, fanno «prezzi modicissimi»; presentano assortimento di vini «di lusso e da pasto», «finissimi liquori» e la cucina è quasi sempre «bolognese». In alcune di queste locande vengono serviti cibi freddi, vermout, gazzose e «vini finissimi». Chi prenota una colazione o un pranzo, usufruisce gratuitamente di tutto l’occorrente per il bagno, dalla «biancheria per donne, uomini e famiglie» all’uso del capanno. La domenica, all’ora di pranzo, questi ristori sono presi d’assalto dai pendolari della spiaggia: una folla sempre più numerosa e frettolosa di itineranti che arriva dalle città vicine con treni speciali, diligenze, carrette e che contribuisce con la loro domanda a migliorare l’offerta del servizio, facendo acquisire al gestore dell’esercizio turistico sempre più competenza e professionalità.
Tra le trattorie “alla buona” che si distinguono per cordialità, gentilezza e gratificazione da parte degli avventori mi piace ricordare, oltre alla già citata Capanna Svizzera, la Balena, la Torre, la Capanna Rustica, il Giardino e il Daino. Soffermiamoci su quest’ultimo locale, tra i più rinomati e frequentati della spiaggia. Conduttore del Daino è Alfredo Arcangeli, un locandiere molto noto e referenziato nell’ambiente della ristorazione. Il Marecchia, entusiasta del suo ritrovo e delle sue specialità gastronomiche, si rallegra pubblicamente con l’Arcangeli, per avere «saputo gestire uno stabilimento così bel messo ed elegante». «Uno dei luoghi più ameni è senza dubbio il Ristorante Daino – asserisce il giornale riminese il 24 luglio 1897 – la freschezza del sito, la vicinanza del mare che è a un palmo dalle tavole, l’eleganza e l’inappuntabilità del servizio, nonché l’ottima cucina e i buonissimi vini che vi si trovano, attraggono un gran numero di forestieri a quel ristorante fornito di tutto il confortable possibile».
Arcangeli, dal Daino alla Capanna
Al termine dell’estate del 1902 Arcangeli, lascia il Daino – che diventerà Ristorante Margherita – e va a condurre la Capanna Svizzera trasferendovi l’esperienza acquisita nella gestione del precedente ritrovo «che per 30 anni consecutivi – riferirà La Riscossa il 31 luglio 1903 – ebbe vita in una capanna sulla spiaggia riuscendo per la correttezza del servizio e la modicità dei prezzi uno dei luoghi più frequentati e simpatici dei nostri Bagni».

Con la conduzione di Arcangeli la Capanna Svizzera, abbellita e riordinata internamente, diviene un caffè-ristorante talmente chic da reggere il confronto e persino la concorrenza con l’attiguo locale dello stabilimento balneare. L’efficiente gestione si protrae solo per tre stagioni. La trattoria, infatti, immagine simbolo di un’epoca ormai sorpassata, nei piani edilizi e turistici del Municipio non ha futuro. Domenica 28 giugno 1906, Alfredo Arcangeli festeggia in anticipo la chiusura definitiva del ritrovo con un banchetto di 50 invitati, tutti amici e suoi affezionati clienti. L’addio al simpatico chalet avviene con una “rustida” di pesce. Al termine dell’estate la “storica” Capanna Svizzera è demolita. Sulla sua area sorgerà il Grand Hotel, albergo rappresentativo di una nuova era e di un nuovo modo di pensare al turismo caratterizzato dallo slogan «Rimini, l’Ostenda d’Italia» e dalla presenza sul litorale della clientela più prestigiosa e aristocratica d’Europa.

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