Rimini, "ti aiuto a risollevare il bar", ma truffa la titolare per migliaia di euro

Si offre di aiutarla a risollevare il bar che gestisce ma si mette in tasca i soldi ricevuti per “tranquillizzare” i fornitori da tempo non pagati. Questa, in estrema sintesi, la storia che ha portato sul banco degli imputati con l’accusa di truffa aggravata un 56enne nativo di Roma ma da tempo residente nell’entroterra riminese, difeso di fiducia dall’avvocato Piero Venturi.


Il fatto

Il porta paste desolatamente vuoto, come le scaffalature alle spalle della barista dove avrebbero dovuto far bella mostra di se le bottiglie di alcolici da servire ai clienti. Decisamente poco invitante la visione di quel bar nel cuore di Marina centro.
Ecco perché quando un avventore si è offerto di rilevare la gestione dell’attività, la proprietaria della licenza ha decisamente tirato un sospiro di sollievo. Anche se l’esperienza con i soci precedenti, entrambi ex fidanzati, non erano state positive. Il primo, infatti, aveva creato un buco di 300mila euro. Il secondo, invece, era finito in carcere per una vicenda di droga. All’uomo, però, si era dimenticata di dire che da tempo non pagava l’affitto del locale e per questo era sotto sfratto. La notizia ha solo in parte raffreddato il “mecenate”: dopo averle annunciato che a quelle condizioni non avrebbe rilevato la licenza, si è però detto comunque pronto a darle una mano per vedere di salvare il salvabile. «Approfittando dello stato psicologico e del dissesto finanziario in cui versava» la 60 enne - si legge nel capo d’imputazione - «con la scusa di aiutarla a saldare almeno una parte dei debiti contratti con i fornitori», l’ha convinta a vendere a San Marino la sua macchina e poi, in due trance, si è fatto consegnare tra la metà e la fine di luglio dell’ormai lontano 2018, la somma di 9mila euro. Una vera e propria boccata d’ossigeno, ha creduto per un po’ la signora. Il bar, infatti, come verbalizzato da alcuni testimoni, dopo un bel po’ di tempo aveva ricominciato a lavorare. Ma è stato un fuoco di paglia. Poco tempo dopo il secondo versamento, stando alle risultanze dell’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica, il “mecenate” si sarebbe messo in tasca la totalità della somma ricevuta. La vittima della truffa si è costituita parte civile con l’avvocato Monica Cappellini.

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