Rimini. Suzzi: "Fibromialgia? La malattia che ti uccide a morsi"

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È uno dei trenta eroi civili, la presidente del Comitato fibromialgici Uniti, Barbara Suzzi. «Per l’attività volta a informare e migliorare le condizioni di vita delle persone affette dalla sindrome fibromialgica». Ecco la motivazione per cui sarà insignita a Roma, il prossimo 24 marzo, dell’onorificenza al merito della Repubblica dal presidente, Sergio Mattarella, la 60enne riminese residente a Bologna.

Suzzi, che cos’è la fibromialgia?

«È una malattia caratterizzata da dolore cronico diffuso associato alla presenza di punti dolorosi. Conta più di cento sintomi, molti dei quali invalidanti: dalla fatica cronica ai disturbi del sonno. Ne soffre il 3% degli italiani, a prevalere erano le donne con rapporto 9 a 1. Donne di oltre 40 anni definite da vecchi studi “con basso livello culturale”. Ora sono in aumento sia gli uomini che i giovani, anche di 12 anni, sia per l’ecosistema in cui viviamo che nei maggiori lumi per identificare la malattia».

Da cosa dipende?

«Studi condotti negli ultimi 10 anni hanno dimostrato la presenza di una componente genetica e di anomalie dei sistemi di percezione e trasmissione del dolore a livello del sistema nervoso centrale».

È una sindrome che riceve la giusta attenzione?

«Chi ne è affetto vive in una specie di limbo perché non è considerato malato dalle istituzioni, né dalla collettività e talvolta neppure dai familiari. La malattia non si scopre con esami del sangue, né di routine e non rientra nelle malattie rare tant’è che Telethon ci rifiutò un aiuto. A ciò si aggiunge l’incertezza della terapia e la ricerca scientifica senza finanziamenti».

Come ha saputo dell’onorificenza?

«Ho ricevuto una telefonata. La segreteria del presidente Mattarella ha tirato un sospiro: “Fortuna che mi ha risposto! Pensano tutti sia un call center per il numero a poche cifre”. Più che emozionata sono ancora incredula e grata».

Perché si interessa di fibromialgia?

«Ero un’imprenditrice della moda con fabbriche in Estremo oriente. Vivevo in aereo e lavoravo 24 ore al giorno. Finché nel 2013 mi sono ammalata di tumore. Quando l’ho domato ho cominciato a provare dolori insopportabili. Nessun medico ne veniva a capo. Mi sono documentata e una visita reumatologica ha confermato la diagnosi di fibromialgia. Non c’era cura, né riconoscimento. Mi sono chiesta cosa potevo fare, sono partita da una petizione popolare per poi fondare l’associazione nel 2016. Una realtà capillare in tutta Italia con uno staff di quaranta membri e un numero incalcolabile di volontari. Siamo l’unica associazione di pazienti creata da pazienti. Sui social riceviamo in media 250mila contatti a settimana. Ai soci, a fronte di una tessera da 20 euro, garantiamo sconti e agevolazioni in tutta la penisola per medici, farmacie e palestre».

Cos’è l’Osservatorio nazionale salute e benessere nei luoghi di lavoro?

«Una delle grandi battaglie condotte in sinergia con Fondazioni Isal, Asphi e Cisl. Dopo un’indagine di oltre 4 anni e una pubblicazione, hanno aderito all’Osservatorio un centinaio di aziende pubbliche e private, tra cui Ibm, dove teniamo gratuitamente corsi per illustrare la malattia che colpisce il 3% dei dipendenti. L’Organizzazione mondiale sanità prevede “adattamenti ragionevoli” per aiutare i lavoratori con disabilità a svolgere al meglio il lavoro scongiurando il demansionamento».

Quali i casi più difficili?

«Abbiamo affrontato tanti suicidi. Storie purtroppo simili tra loro: donne che perdono il lavoro e sono abbandonate dal marito mentre il resto della famiglia non crede alla malattia che da un giorno all’altro le annienta».

Una storia di speranza?

«Un’associata che vive allettata da anni ha raccolto oltre 3mila firme per la nostra petizione, coinvolgendo tutto il paese. La nostra non è una malattia mortale ma ti toglie la vita a morsi, eppure si può ricominciare da capo».

Spiragli nella ricerca?

«Isal ha scoperto il biomarcatore per fibromialgia e dolore cronico ma il Covid ha mangiato la notizia risalente al febbraio 2020. Ora va esteso lo studio pilota condotto su 200 pazienti. Avremo un esame del sangue che diagnosticherà la malattia e forse anche il suo livello di gravità. Una svolta che chiuderà la bocca a chi diceva: “Te lo stai inventando”».

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