«L’iscrizione all’Università? Mi è negata in quanto richiedente asilo. Così si violano i diritti fondamentali». È un fiume in piena la 32enne ucraina Daria Kryukova, laureata in Sociologia nel paese di origine. «Desideravo studiare presso il prestigioso Ateneo bolognese – esordisce – ma mi sono scontrata con una situazione ingiusta e frustrante».
Questi i passaggi di un percorso in salita: ammessa a una laurea magistrale presso la facoltà di Amministrazione e gestione d’impresa, Daria segue le lezioni fin da ottobre ma una volta pagata la prima rata per lo studio e trasferitasi da Roma a Rimini, scopre che l’università rifiuta l’immatricolazione a causa del permesso di soggiorno “per richiesta di asilo” considerato inidoneo.
Altri come me
«Lo stesso problema – prosegue la 32enne – è condiviso da diversi amici, tra cui una ragazza afghana ma il peggio è che la risposta per la richiesta di asilo può farsi attendere in media da uno a 3 anni. Oltre al danno la beffa, dunque». Finora la 32enne ha sostenuto sei esami senza poter registrare i voti. L’esito delle prove le viene comunicato dai docenti tramite mail. «Mi viene consigliato di seguire corsi singoli rinunciando al titolo accademico, ma su quel fronte ho già superato i 30 crediti previsti in un anno». E le incognite si affastellano. «Se anche mi piegassi ai corsi singoli, fra qualche anno, dovrei comunque rifare il concorso di ammissione già superato – allarga le braccia –. I dubbi sono aggravati dall’eventuale turnover fra docenti: il professore di Economia è cambiato in una manciata di mesi».
Mentre la sua fatica non si traduce in votazioni su libretto, la quasi studentessa lavora per mantenersi e pagare affitto e tasse universitarie, progettando da remoto siti web per una società del Montenegro.
Dubbi e paradossi
«Altre Università, da Trento a Palermo, – obietta – permettono l’iscrizione con riserva a chi è nelle mie condizioni. Una posizione che l’Ateneo bolognese non contempla per non creare false aspettative» ma che a lei suona «ingiusta e discriminatoria» mettendo a rischio entusiasmo e serenità. «Non sto premeditando un crimine – rincara – desidero essere utile al Paese che mi ha accolta. Ho dimostrato merito e impegno per perseguire gli studi superiori eppure la burocrazia mi nega l’accesso all’istruzione, data la tipologia di un permesso di soggiorno. Siamo davanti a una violazione dei diritti fondamentali».
E punta i fari sul paradosso: «L’Italia concede ai richiedenti asilo la possibilità di lavorare e contribuire alla società tramite il pagamento delle tasse. Un’opportunità che apprezzo ma che fa sorgere una domanda: se lavoro e pago le tasse come tutti gli altri, perché non posso godere delle stesse opportunità di studio? Non accetto alcuna discriminazione. I richiedenti asilo non vanno destinati al cappello in mano davanti al supermercato, ma incoraggiati nel perseguire obiettivi accademici». Poi l’affondo: «Come può un luogo deputato alla formazione permettere lo spreco di talenti e potenziali?».