Rimini, spiagge e canoni: ecco le nuove tariffe

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È un grande classico, i canoni demaniali. O meglio, quanto pagano bagnini e chioschisti per gestire le proprie attività sulla spiaggia che è di tutti. La novità dell’anno è già stata scoperta pochi giorni fa: per il 2023 il ministero ha fissato aumenti mai visti prima, addirittura del 25,15 per cento. Si tenga conto che la media versata allo Stato da ogni concessionario riminese fino all’anno scorso era di 8.392 euro.

Questa volta si cambia. Le associazioni di categoria, alle prese con l’incognita rinnovo delle concessioni abbinato alle gare pubbliche volute dall’Europa e con scadenza 31 dicembre 2023, si lamentano perché il governo non regala futuro e prospettive.

Allora. Il valore delle concessioni balneari è pubblicato a pagina 9 ed è relativo agli stabilimenti balneari da Torre Pedrera a Miramare. Esiste una cifra minima che il “concessionario” è tenuto a versare al Demanio e in linea generale riguarda i chioschi, perché l’unità di misura del “tributo” è il metro quadrato e i bar sulla sabbia hanno spazi ridotti all’osso. Quindi, nel 2023 il canone minimo vale 3.377 euro, contro i 2.500 di dodici mesi fa.

Diversa è la situazione degli stabilimenti balneari che invece a metri quadrati non se la passano male, soprattutto in caso di unioni fra più soggetti. Come sempre il canone più alto è relativo alla spiaggia di San Giuliano, un mega raggruppamento ampio 62.072 metri quadrati per un valore di 89.724 euro (66.413 euro l’anno scorso con 59.310 metri quadrati in concessione).

Per quanto riguarda la spiaggia del nord, il canone più alto è relativo allo stabilimento numero 16: 27.024 euro per 15.403 metri quadrati (l’anno scorso versava 20.157 euro per la stessa quantità di sabbia).

L’arenile di Rimini sud risponde con il raggruppamento dal bagno 58 al 61: 34.167 euro per 19.280 metri quadrati (l’anno scorso 25.290 euro per 18.736 metri quadrati di concessione).

Quelli che dicono i bagnini

Mauro Vanni è il presidente di Confartigianato imprese demaniali e dopo una prima “levata di scudi” non focalizza troppo la sua attenzione sugli aumenti, si dedica piuttosto a un governo che «avrebbe dovuto risolvere i nostri problemi» e invece «tutto ancora tace».

«Ci aspettavamo una convocazione dopo le feste - rincara - e invece la situazione è critica, questo esecutivo non ha chiamato nessuno, né la Regione né i Comuni e non ha ancora assegnato le deleghe, qua non si muove niente».

Si naviga quindi a vista nel mare delle “indiscrezioni”. «Nel Milleproroghe dovrebbe essere inserita una proroga delle concessioni al 2024 (ora è al 2023) e per noi è ancora peggio - incalza Vanni -. Chiediamo chiarezza prima, in questo clima di incertezza sono a rischio anche i fondi del Pnrr, per poterne usufruire devono essere spesi entro il 2026 e ci servono quindi concessioni per almeno 5 anni, con tutta questa incertezza non investe nessuno, il settore è fermo ormai da anni, non se ne può più. Questo doveva essere il governo che ci risolveva tutti i problemi, non si può andare avanti con le proroghe, soprattutto se le proroghe non sono giustificate. È vero che ci sono problemi più grandi dei bagnini, aspettiamo, siamo comunque al palo, ulteriori proroghe ci mettono nelle condizioni di ricevere procedure di infrazione da parte dell’Europa».

Resta la questione aumenti del 25 per cento. «Non ci cambiano la vita, con la mia concessione dovrà versare 4mila o 5mila euro in più, ma non è molto elegante alzare le concessioni senza al tempo stesso offrire prospettive future».

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