Rimini. Sindacati in piazza: turismo, basta nero e stipendi da fame

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Lotta al lavoro nero, rispetto dei contratti, ammortizzatori sociali per aiutare il turismo a uscire dalla crisi dopo due anni di pandemia, per non parlare della guerra fra Russia e Ucraina. Cgil, Cisl e Uil radunano cento o duecento persone in piazzale Fellini per chiedere l’apertura di un confronto con le associazioni di categoria e l’interesse delle istituzioni a cominciare dalla Regione. Un punto, però, viene subito chiarito: non è vero che la gente non vuole lavorare, è solo stufa di farsi sfruttare.

Nota a margine. La manifestazione avrebbe previsto anche una spedizione nel centro storico a bordo di tre trenini. Nulla da fare, qualcuno si è dimenticato di chiedere il permesso alla Questura e i convogli sono serviti solo per le foto ricordo.

“La stagione in salita”

«Il turismo è messo a dura prova». Malgara Cappelli è la segretaria generale della Fisascat Cisl Emilia Romagna e sintetizza subito la situazione dopo due anni di pandemia e l’esplosione del conflitto fra Russia e Ucraina.

La questione non è secondaria perché il settore in Italia si traduce in un tredici per cento del Pil, due milioni di addetti, otto miliardi in arrivo dal Pnrr (due e mezzo dei quali destinati all’Emilia Romagna).

Le vertenze sono tante, «centinaia di persone usufruiscono di ammortizzatori che possono aprire le porte ai licenziamenti».

Come uscirne? «Chiediamo di destagionalizzare, creare eventi per tutto l’anno, buoni vacanza nei periodi di minore afflusso».

Non solo. «Più tutele per il lavoro stagionale, rafforzare gli ammortizzatori sociali, formazione continua. È indispensabile che le associazioni datoriali si impegnino a rinnovare i contratti collettivi, contrastino il lavoro nero e grigio che in questo settore è diffusissimo».

A questo proposito la rappresentante della Cisl cita gli “appalti di servizi” e gli accordi con sindacati non rappresentativi in cui si accettano «minimi contrattuali bassi, la metà di quelli di Cgil, Cisl e Uil».

“Troppe incertezze”

Cataldo Giammella è il segretario della Uiltucs Emilia Romagna e pone l’accento sui lavoratori stagionali che ancora «non sanno cosa succederà fra un mese».

Esorta poi l’apertura di un «tavolo con la Regione per dare una risposta al tema che esploderà con l’applicazione della Bolkestein, la liberalizzazione» delle concessioni demaniali che «andrà a scardinare anni e anni di esperienze».

Angela Salerno (Cisl) suggerisce alla politica di «creare progetti» per un «turismo più competitivo», perché Rimini non è solo mare e si «potrebbe lavorare tutto l’anno».

Sul fronte contrattuale si rivendica legalità. «Ormai non capisco come si possa credere ai contratti di due ore al giorno, dieci ore settimanali, una vergogna».

In definitiva. «Servono tutele e ammortizzatori sociali nei momenti in cui cala il lavoro. Non si trovano dipendenti? Non si trovano lavoratori da 12-14 ore al giorno, senza riposo settimanale, due euro all’ora, questo non si trova. La gente è stanca di farsi prendere in giro».

Paolo Montalti segretario generale Filcams Cgil Emilia Romagna sintetizza tutto in pochi concetti: qualità del lavoro e contratti rispettati, professionalità.

Chiude con un filo di veleno ricordando come i sindaci abbiano assicurato la propria presenza alla protesta dei balneari contro la Bolkestein. «Ne avete mai visto uno alle manifestazioni dei lavoratori?». Il silenzio della piazza vale per un no.

«Il lavoro deve esserepagato»

Dopo chissà quanti contratti a termine è stato assunto a tempo indeterminato. Mario d’Ambrosi rappresenta la Cgil e in piazzale Fellini porta la sua esperienza di lavoratore. «Fino al 2020» precisa subito: fino alla pandemia. «In seguito tanta cassa integrazione, importi ridotti e mesi di attesa per essere pagati dall’Inps. E oggi con la guerra questo incubo sembra non avere fine».

Il finale è noto: cassa integrazione, senza sapere se l’hotel riprenderà a lavorare tutto l’anno. Il rischio è quello del contratto a chiamata, del lavoro stagionale, la «rinuncia ai diritti per avere maggiori speranze la prossima stagione, accettando di lavorare 10 o 12 ore al giorno, tutto questo è inaccettabile».

Già che c’è D’Ambrosi ci tiene a bloccare subito la «solita polemica», quella che «non si trovano lavoratori e che i giovani non hanno voglia di sudare, è una grande offesa, la manodopera professionale costa di più, non faccio altro che leggere messaggi di persone che annunciano di cambiare lavoro, ma non deve succedere, l’Italia è un paese ricco di storia e cultura, la nostra professionalità va pagata».

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