Rimini. Sequestrano un uomo mentre è agli arresti domiciliari

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I carabinieri hanno bussato alla porta della sua abitazione dove stava scontando i domiciliari: non trovandolo hanno incardinato la denuncia per evasione. L’uomo, però, il giorno seguente è ritornato a casa, spiegando di essere stato aggredito, minacciato e quindi sequestrato per un’intera notte da un gruppo di persone con cui intratteneva affari legati all’acquisto e alla rivendita di automobili di lusso.

Dietro al sequestro, infatti, un “chiarimento” a suon di minacce, perpetrate, secondo l’avvocato di parte civile Pia Perricci, anche venendo colpito con il calcio della pistola. A fondamento del gesto, il sospetto che avesse raccontato alle forze dell’ordine aspetti degli affari del traffico di auto che sarebbero dovuti restare segreti. Ai domiciliari, infatti, il sequestrato si trovava proprio a causa di un furto di automobile, emerso a seguito di un controllo a Torino, quando l’uomo, un cinquantenne di origini siciliane residente a Saludecio, era risultato alla guida di un’auto rubata.

La vicenda

Il fatto del sequestro risale all’agosto del 2019, quando il siciliano è stato prelevato da casa propria, facendo scattare la denuncia per evasione. Una volta rincasato, ore dopo il sequestro e prendendo un treno, il 50enne ha raccontato quanto accaduto, aprendo di fatto il procedimento per sequestro di persona a fine di estorsione, per cui sono finiti alla sbarra due persone: una 38enne gambiana e un coetaneo senegalese, difesi rispettivamente dall’avvocato Fabio Tulimiero del foro di Avellino e da Sabrina Pollini di Grosseto. Le accuse per i due sono di concorso in sequestro ai fini di estorsione e di concorso in detenzione di armi. Entrambi dovranno comparire davanti al giudice della corte d’Assise di Rimini il 4 aprile.

Per la giovane africana, residente ad Avellino, pur non negando il coinvolgimento nell’ipotesi di riciclaggio di automobili, la difesa sostiene l’assoluta estraneità al fatto del sequestro, che invece, secondo la parte civile, sarebbe stato messo in atto da quattro persone partite dal Nord Italia n direzione di Saludecio per “regolare i conti” con il siciliano. Alla sbarra, infatti, oltre al senegalese (in carcere per altri reati) e alla donna del Gambia sarebbero dovute comparire altre due persone: nel frattempo, però, una è morta e l’altra si è resa irreperibile. Da quanto emerso in processo, l’attività “commerciale” legata alle auto di lusso si basava sul procurare i veicoli da trasferire poi in Francia e quindi in Africa. Il controllo delle forze dell’ordine che ha dato il “la” alla vicenda, portando alla luce l’auto rubata, è avvenuto in effetti a Torino, mentre il 50enne siciliano era in viaggio per la Francia, a suo dire all’oscuro dei traffici illeciti dell’organiazzione.

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