Rimini: scuola senza italiani, il rischio del ghetto

Editoriali

Gentile sindaco Andrea Gnassi, sarà certamente al corrente del fatto che in una scuola di Borgo Marina, l’elementare Ferrari, c’è una classe, la prima, interamente composta da bambini stranieri. E avrà sicuramente avuto modo di leggere le dichiarazioni della dirigente scolastica Lorella Camporesi che testualmente ha riferito: “Gli italiani non vengono più neppure agli open day della Ferrari”.
In quel quartiere la grande maggioranza delle aziende, in prevalenza negozi, è gestita da stranieri e anche i residenti italiani sono sempre meno. Arrivando al dunque, a Borgo Marina si sta creando un ghetto, con non pochi problemi di ordine pubblico e sicurezza che sono chiamati ad affrontare anche gli agenti della Polizia municipale del Comune di Rimini. Qui non si tratta di mettere in discussione la presenza degli stranieri in un quartiere della città, tutt’altro, si tratta di capire se questo modello di integrazione sia funzionale, abbia un futuro di effettiva accoglienza da parte dei riminesi, oppure porti in dote dei rischi, come quello di diventare un corpo estraneo, alieno per il resto dei residenti. Le parole della preside, “gli italiani non vengono più neppure agli open day”, le sembrano “fotografare” l’isola felice della diversità o le rappresentano piuttosto un grave problema di coabitazione tra persone di origine differente che abitano a Rimini? Interpellato dal Corriere Romagna, il provveditore Giuseppe Pedrielli ha precisato di potere fare ben poco per condizionare le scelte dei genitori al momento dell’iscrizione a scuola dei figli, aggiungendo che semmai queste decisioni possono dipendere dalle politiche abitative di un’amministrazione. Ecco, se anche lei condivide che a Borgo Marina si stia creando (si è già creato?) un ghetto, come ha in animo di intervenire per fare in modo che il processo di ghettizzazione si trasformi in un processo di reale integrazione? Chi le scrive ha la fortuna, lo sottolineo, la fortuna, di accompagnare ogni mattina la propria figlia in un asilo riminese dove quasi la metà dei bambini è di origine straniera. Sono straconvinto che la diversità che oggi incontra rappresenti un elemento di arricchimento culturale che le consentirà di guardare il mondo negli occhi e per intero, privandola di paure assurde e tenendola alla larga da estremismi, cattivismi, ahinoi sempre più diffusi. Il mio timore per Borgo Marina, dove posso testimoniare che si vive splendidamente, avendoci abitato per due anni, è che si stia verificando il contrario, nonostante l’encomiabile impegno delle maestre, delle volontarie e anche di alcuni residenti, particolarmente prodighi nel creare eventi finalizzati all’accoglienza. Sono convinto che non sia affatto semplice, a questo punto, ma che sia comunque necessario mettere in campo tutti gli strumenti affinché questo quartiere, i suoi abitanti, i suoi negozi e anche la sua scuola continuino a essere un pezzo di Rimini in tutto e per tutto e non invece un corpo estraneo attorno al quale qualcuno, magari quando lei non sarà più il sindaco della città, decida di costruire un muro vero e proprio. Gli italiani, non iscrivendo più i propri figli in quella scuola, hanno già cominciato a mettere i primi mattoni. Non so a lei, ma a me questa cosa dà i brividi, anche per questo è finita in prima pagina.

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