Rimini. S'intasca 300mila euro delle tasse: contabile a processo

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Un contabile riminese di 58 anni (L.C. le sue iniziali) sarà chiamato a dare una spiegazione a quanti si erano fidati di lui e sono stati invece raggirati. Per lungo tempo, allo scopo di evitare la denuncia, aveva accampato delle giustificazioni generiche: dall’errore materiale, ai motivi di salute, a una presunta della quale però non ha mai fornito una documentazione medica. L’imputato, difeso dall’avvocato Piero Venturi, racconterà in aula la sua verità nell’udienza fissata dopo l’estate. «Spiegherò tutto», avrebbe confidato a chi gli è vicino. Secondo l’accusa non avrebbe versato i tributi di diversi clienti che, nel giro di qualche tempo, si erano visti recapitare sostanziose cartelle e pressanti solleciti da Equitalia e Agenzia delle entrate.

I nodi sono venuti al pettine con grande ritardo per la serietà del professionista e per il suo tenore di vita.

I primi a capire che le scuse del contabile non erano sufficienti furono, due anni fa, i titolari di una parafarmacia riminese, assistiti dall’avvocato Gianluca Brugioni.

Tre parti offese

L’ennesima strana cartella dell’Agenzia delle entrate saltata fuori dal nulla portò alla denuncia che, per quanto tardiva, ha avuto il merito di smascherare il “buco” nei conti di almeno tre clienti. Oltre alla parafarmacia (in cinque anni all’attività avrebbe sottratto soldi, di tasse non versate, per 211mila euro), anche una ditta di soccorso stradale, assistita dall’avvocato Alessandro Sarti (115mila euro) e una privata cittadina che si è a sua volta costituita parte civile con l’avvocato Lucrezia Pasolini (novemila euro).

Il professionista era stato incaricato dai clienti di curare la dichiarazione dei redditi: la fiducia in lui era totale, al punto che anche di fronte all’evidenza delle contestazioni del Fisco, almeno in una prima fase, il contabile riuscì a convincere i diretti interessati di avere fatto le cose a dovere.

Tra qualche tempo, in aula, con un’accusa sulle spalle di appropriazione indebita pluriaggravata e richieste di risarcimento per quasi quattrocentomila euro, le parti offese si aspettano almeno che l’imputato spieghi perché lo ha fatto e come ha impiegato soldi che non gli appartenevano.

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