Rimini. Renzi: "Alle prossime elezioni ci sarò ancora"

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È entrato per la prima volta in consiglio nel 1985, indossava la maglietta del Movimento sociale. Poi la pausa dal 1994 al 1999, prima del grande ritorno e ancora oggi Gioenzo Renzi siede in aula, capogruppo di opposizione. Nel mezzo An, Pdl e nel 2012 la nascita di Fratelli d’Italia, partito che ha fondato a Rimini dopo un incontro a Roma con Giorgia Meloni e che ha contribuito a fare nascere anche a Forlì e Ravenna.

Ci sarebbe la trasferta a Bologna, dal 2005 al 2010, consigliere regionale, una esperienza che Renzi rivendica sempre con soddisfazione. «È stato grazie a una mia proposta di legge se i consiglieri regionali sono stati ridotti di diciassette unità facendo risparmiare 7 milioni all’anno. Ci fu chi mi disse: ma cosa fai, così la prossima volta rimaniamo fuori. Non mi importa, sono felice, forse sono stato l’unico in Italia ad avere ridotto le poltrone a suo discapito. Però ho lasciato un segno, la battaglia contro i costi della politica l’ho fatta prima che arrivassero i grillini».

Renzi, siamo arrivati alla bellezza di 76 candeline. Cosa la spinge ancora oggi a lottare, denunciare, arrabbiarsi. Spesso invano.

«Il mio impegno politico e civico, una passione che non va in pensione. Comporta sacrifici e rinunce, ma sono sempre stato coerente, mai passato da una parte all’altra secondo la convenienza. Quando ho fondato Fratelli d’Italia a Rimini eravamo all’1,44 per cento. Ero da solo, ci ho messo la faccia, non c’era la corsa alle candidature».

Ecco, le candidature. Spesso è rimasto alle spalle di “paracadutati” e soprattutto non ha partecipato all’exploit che ha portato un gruppo di riminesi in Parlamento.

«Un po’ di amarezza c’è. Sono riminese, tengo alla mia città prima di tutto, non lo nascondo, mi sarebbe piaciuto, avrei lavorato per il bene di Rimini. Siamo al governo e sarei stato un interlocutore dei problemi veri».

Meloni premier. Che consigli le darebbe?

«Il merito è tutto suo, questo è fuori discussione. Le direi una cosa: sostenere le proprie ragioni. Ci deve essere il confronto in coalizione, ma mai compromessi al ribasso».

Dai banchi dell’opposizione ha ragionato con diversi sindaci, da Conti a Ravaioli, fino a Gnassi e Sadegholvaad. Ricordi, scontri, intese?

«Con Ravaioli rammento la battaglia sulla ricostruzione del Galli, mesi e mesi di confronto serrato, alla fine arrivammo a una condivisione. Gnassi caratterialmente vuole decidere tutto, però certe mie idee le ha realizzate lui».

Ne dica una.

«Il trasferimento del mercato ambulante. Poi quando proponevo le rotatorie in via Dante, in via Roma, bocciavano tutto. Io mi arrabbiavo: le rotatorie mica sono di destra o di sinistra».

Il rammarico più grande?

«Il recupero dell’Anfiteatro romano. Gnassi ha fatto bocciare una mia mozione, mentre con Ravaioli era passata all’unanimità. Vorrei poi che venisse risolta la questione della questura da realizzare alla caserma Giulio Cesare».

Abbiamo lasciato indietro Sadegholvaad.

«Sta portando avanti l’eredità dell’amministrazione Gnassi, dopo solo un anno è presto per dare un giudizio».

Lei in aula lavora con tanti giovani. Che suggerimento darebbe?

«Anche quando ero consigliere regionale non ho mai lasciato il seggio riminese, mi entusiasma lavorare per la mia città. I giovani dovrebbero studiare, impegnarsi molto di più, senza cercare visibilità, se lavori bene quella viene di conseguenza. Io sto all’opposizione, ma non mi sono mai sentito all’opposizione, cerco di fare proposte per Rimini».

Al suo fianco si trova Gloria Lisi, passata in minoranza dopo dieci anni al governo.

«Non è stata una scelta facile per lei. Diciamo che adesso prova quell’atteggiamento manicheo che la maggioranza dedica all’opposizione. Se fossi sindaco le buone proposte io le accetterei».

A Rimini vince sempre il centrosinistra, si narra anche perché il centrodestra quando deve scegliere il candidato sindaco litiga, si divide e i rancori poi si pagano nell’urna.

«È un vecchio problema. Anche io quando mi sono candidato nel 2011 contro Gnassi c’erano appesi i manifesti di Lombardi. Faccio notare che al primo turno la differenza fu di duemila voti e avevo fatto tutto da solo con l’aiuto di qualche giovane, mentre da Roma mi impedirono di lanciare la lista civica Renzi sindaco. In tanti volevano votare per me ma non “Berlusconi per Renzi”».

Lei ha 76 anni, sarà ancora della partita alle amministrative del 2026?

«Si capisce, io ci sono».

È mai stato a Predappio?

«Parecchi anni fa, da ragazzo, per curiosità».

Quest’anno l’annuale raduno ha goduto di prime pagine come non mai.

«Posso dire una cosa su un certo folclore, anche un po’ ridicolo? Per fare una battuta, lo raccontavo a mio figlio: lo stesso Mussolini si metterebbe a ridere. Non c’è bisogno di ostentare a questo modo, il fascismo è consegnato alla storia, errori, cose positive, lì rimane. È inutile continuare ad attualizzarlo, non c’è alcuna minaccia».

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