Rimini. Ravaglioli a Mosca: "Turisti russi addio, ecco dove vanno"

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«Ci scorderemo i turisti russi per molti anni». A dichiararlo è Alessandro Ravaglioli, ex consigliere comunale del centro destra, di professione ingegnere, che per lavoro fa la spola con Mosca e che proprio in questo ultimo periodo è tornato in Russia. E proprio da lì spiega lui stesso come si sta evolvendo la situazione e quali potrebbero essere gli scenari futuri e le conseguenti ripercussioni anche per la riviera, alla sua economia, ma non solo.

Quale lo scenario trovato nella capitale russa?

«Noto che a Mosca nulla è cambiato da prima del conflitto con l’Ucraina. Anche le sanzioni imposte dagli altri Stati non hanno pesato. È vero che l’erario ha avuto un ammanco di entrate fiscali, anche perché alcune aziende hanno fatto i bagagli, ma in compenso il Governo russo ha aumentato del 40% gli introiti derivanti dalla vendita dell’energia. E non si profilano politiche restrittive: per scaldare un appartamento da 70 metri quadri, basta ancora una decina di euro. Tradotto: la politica delle sanzioni, salvo che per la componentistica, non ha prodotto danni ma piuttosto la consapevolezza che durerà a lungo e occorre guardare altrove. Quanto alle multinazionali, solo alcune hanno levato le tende. Se McDonald’s e Coca-Cola hanno abbandonato il Paese, restano Burger King, che sta triplicando i fatturati, e Pepsi».

Il turismo romagnolo tornerà attrattivo?

«Ci scorderemo i turisti russi per molti anni. In loro si rafforza l’idea di una guerra logorante, sebbene non nutrano dubbi sulla sconfitta ucraina. Mentre scema la paura verso le sanzioni, si è sempre meno critici verso il Governo e si tollera male il pregiudizio nei confronti del proprio Paese. Sono abituati ai sacrifici, non torneranno sui loro passi».

Quali mete hanno soppiantato la Romagna?

«In primis Turchia, Emirati Arabi e Thailandia. Una situazione non reversibile, nonostante i 4 aeroporti in città. Del resto solo il 30% della popolazione russa ha il passaporto internazionale e meno di un terzo, ossia l’8%, viaggiava abitualmente in Europa e quindi in Italia. Una sorta di èlite, con grande capacità di spesa, che ora si orienta su altri scenari. La frattura viene definita insanabile e le località turistiche ante guerra una finestra che si chiude. Tra l’altro i voli aerei diretti in Italia sono più lunghi e costosi, non sorvolando più l’Ucraina».

È ancora fresca la questione visti.

«Il Consiglio europeo ha appena cancellato l’accordo del 2007 volto a facilitare i visti con cui i russi viaggiavano in Europa. Visti peraltro non necessari per altre destinazioni».

Come procede l’export romagnolo?

«Penso alla filiera delle scarpe e dell’arredamento. Le nostre imprese continuano a lavorare con la Russia ma sono diminuiti i volumi anche del 40 per cento. Va bene chi ha delocalizzato qui la produzione come Marr, ben diverso il versante export. Prima del conflitto le nostre aziende vendevano dietro pagamenti posticipati, chiedendo un credito alle grandi compagnie assicurative internazionali. Garanzie che ora, a causa delle sanzioni, sono venute meno. I russi quindi devono pagare in anticipo per ricevere merci e comprano meno. Ma nell’ambito della moda non hanno alternative, sebbene i cinesi siano concorrenziali su molti apsetti, la nostra resta un’eccellenza».

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