Rimini. Pugni alla pancia della compagna incinta: arrestato

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«Se scopro che il figlio non è mio, vi ammazzo tutti e due». Alle parole aveva fatto subito seguire i fatti. Ed a suon di cazzotti sulla pancia «cercava di farla abortire». È uno dei passaggi più crudi dell’ordinanza scritta dal Gip Lucio Ardigò su richiesta dei pubblici ministeri Davide Ercolani e Luca Bertuzzi, che all’alba di ieri ha spalancato le porte dei Casetti all’ennesimo “uomo” accusato di maltrattamenti in famiglia. Un 30enne, riminese Doc, che per sei anni, stando alla denuncia della vittima, ha reso un autentico incubo la vita della sua ex compagna.

Periodo feriale o meno, nessuno degli attori in campo ha perso tempo. E quando l’ultimo tassello del puzzle ha trovato la sua collocazione i carabinieri della stazione di Viserba sono entrati in azione. A loro e alla squadra di Polizia giudiziaria dell’Arma della Procura i due magistrati avevano delegato il compito di cristallizzare la denuncia presentata dalla vittima. E lo hanno fatto mettendo in fila anche diverse testimonianze, a partire dalla madre della vittima e del suo nuovo compagno.

Un incubo lungo anni

Diversi gli episodi contestati al 30enne difeso di fiducia dall’avvocato Thomas Coppola. L’ultimo lo scorso 13 gennaio. Quel giorno, ha fatto verbalizzare la giovane donna, il compagno ossessionato dal fatto di non essere lui il padre naturale, l’aveva affrontata con violenza e crudeltà per l’ennesimo volta. Mentre urlava «ti faccio abortire», l’aveva costretta a sedersi tra il water e la lavatrice. Afferrati i capelli aveva iniziato a prenderla a calci ed a sbatterle la testa contro il muro. Tutto finito? Assolutamente no. Due ore più tardi è tornato alla carica. Questa volta lo avrebbe fatto dopo aver preso in cucina un grosso coltello. «Non ti sono bastate le botte» le ha urlato. Così le ha puntato la lama al collo. «Se non ti basta in gola, te lo pianto in testa». Minaccia poi rincarata: «Sei un essere da eliminare. Non ci metto molto. Mi fai schifo. Dicono che le donne sono più belle incinta, tu sei ancora più brutta». Parole udite distintamente dai vicini di casa che, preoccupati per la sua incolumità, hanno chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Provvidenziale la telefonata al 112. Ha infatti permesso di accendere i fari su una situazione che avrebbe visto una ulteriore aggressione tre giorni dopo.

Tra le prove contro il 30enne anche un video registrato dalla vittima. Minuti di minacce agghiaccianti: «Tu devi ringraziare ogni volta che vai a dormire e dire anche oggi sono viva. Anche oggi sono riuscita a sopravvivere perché per come mi comporto io riuscire ad arrivare a sera a mezzanotte, non è da tutti».


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