Rimini, "prostitute in aumento nei residence e in alcuni centri massaggi"

Cambia forma la prostituzione a Rimini. Ma non la sostanza. Modifica i luoghi d’incontro: sempre più case e residence al posto di vie e piazze. Ma non la sua essenza: violenza e sfruttamento. A raccontarlo sono loro, le donne del “Servizio antitratta” della comunità Papa Giovanni XXIII. Dodici ragazze che, tutti i giovedì sera, al reality televisivo o alla lettura patinata, antepongono il sociale e la strada. Rischiando in prima persona. Sottolinea Silvia Argenti, 34enne volontaria, che col marito gestisce una casa famiglia. «La nostra è una missione: strappare il maggior numero di ragazze dalla schiavitù in cui uomini senza scrupoli le costringono a vivere è diventato un impegno inderogabile. Nonostante siamo spesso vittime di minacce e aggressioni». Un mondo a parte quello del sesso a pagamento. Dove la violenza è quasi una consuetudine. Continua Argenti: «Una notte, lungo uno dei viali del lungomare, stavamo parlando con alcune di queste giovani, tutte tra i 20 e i 27 anni, quando siamo state affrontate da un energumeno, attenzione non il loro protettore, ma un cliente, che, bottiglia in mano, si è avventato su di me per picchiarmi. Devo solo ringraziare una di loro che mi ha protetta col suo corpo. Facendolo desistere. Altrimenti non so proprio come sarebbe andata a finire. Poi ci hanno detto che situazioni del genere per loro sono la norma».

Il dramma

Picchiate, minacciate, costrette a vendere il proprio corpo per 30, 50 euro a prestazione: sono le ragazze che ogni sera incontriamo all’angolo delle strade. Ognuna di loro ha la sua zona, la sua via, il suo marciapiede. E guai a sconfinare. «I protettori, vera e propria rete criminale - spiega la volontaria - le obbligano a rispettare il proprio metro quadro di asfalto, a cedere loro l’incasso della nottata, e a non raccontare nulla a nessuno di quello che vedono e vivono. Altrimenti giù botte e giù minacce nei confronti delle loro famiglie». Parliamo di giovani dell’est Europa: Romania, Albania, Bulgaria e Ungheria, principalmente. Una vita dannata, la loro. Passate da quello che credevano essere l’amore per sempre a quello che, invece, si è rivelato un vero e proprio aguzzino. Aggiunge Argenti: «Una storia comune a tutte. S’innamorano di quello che ritengono essere l’uomo perfetto. E, con la promessa di una vita migliore in Italia, arrivano qui. E scoprono l’inferno. Prigioniere di quello che fino a qualche giorno prima era il loro fidanzato. Un inferno fatto di botte - i lividi che scopriamo sui loro volti, sulle loro braccia, sulle loro gambe, sono la prova evidente - e di paura perenne. Perché chi rinuncia a prostituirsi non solo viene picchiata, ma deve fare i conti con la minaccia alla propria famiglia: madri, sorelle rimaste in patria».

Oltre la strada

Non tutte, però, operano in strada. Anzi quelle che vediamo in zona Celle, stazione, sui viali del lungomare, in area nuova fiera, sono una piccola minoranza. Precisa Argenti: «Diciamo che lo scenario, da un paio d’anni, causa Covid e restrizioni, è cambiato. In questi mesi, infatti, il numero di ragazze in strada si è dimezzato, scendendo dalla quarantina del pre-pandemia alla ventina di adesso. Nel contempo però è aumentata sensibilmente la prostituzione indoor, quella negli appartamenti e nei residence, per intenderci. O in alcuni centri massaggi cinesi». Non solo ragazze, il mercato del sesso a pagamento, infatti, coinvolge molto anche donne trans, in particolare peruviane. Chiosa Argenti: «In questo caso, però, lo sfruttatore non è un uomo. Ma una transessuale, solitamente più matura. Sappiamo che c’è un gruppetto di tre-quattro di loro che detiene il controllo sulle altre. E sono venuta a sapere che una di queste giovani trans, in una sorta di regolamento di conti, sarebbe stata picchiata dalle “cape” - avrebbe ora problemi di vista a causa dei pugni ricevuti - e addirittura filmata, come avvertimento per tutte le altre».

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