Rimini. Pronto soccorso invaso, l'allarme dei volontari

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Un allarme unico. Lanciato, prima, dall’Ordine degli infermieri. E ribadito, poi, dalla Cgil sanità. Proprio pochi giorni fa: «I medici e gli infermieri sono pochi, soprattutto al pronto soccorso dell’Infermi. Se non arriverà nuovo personale, se non verrà potenziato il servizio, ad agosto saranno guai. Seri». Ed è quello che puntualmente si è verificato. Ancor prima di agosto. Lunedì. E ieri. Con persone, malate, doloranti, costrette ad attendere anche 18 ore prima di essere visitate, curate e rimandate, finalmente, a casa (leggi altro articolo in pagina). Oppure ricoverate. Denuncia Lucia Lamarra, volontaria della protezione civile in servizio al pronto soccorso di Rimini. «Quella di lunedì è stata una giornata campale per gli operatori sanitari che operano nelle emergenze. Tanta gente in attesa, per ore e ore, al pronto soccorso non l’avevo mai vista. Così tanta che le barelle non riuscivano nemmeno ad entrare. Una situazione che non saprei nemmeno come definirla: al collasso? Ecco, credo che questo sia il termine giusto».

Sanità dimenticata

Pochi medici, infermieri sotto pressione e spesso offesi e minacciati da pazienti e familiari stressati ed esasperati dalle lunghe, estenuanti, attese. Benvenuti nel magico mondo della sanità italiana. Dove contano di più i bilanci che gli investimenti. E dove per decenni è stata anteposta la sanità privata a quella pubblica. Una situazione tutta italiana, che lo stesso direttore dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, ha più volte evidenziato, anche dalle colonne del Corriere Romagna. Sostenendo di essere con le mani legate per i pochi soldi a disposizione da riversare sul personale e per la mancanza di fondi disponibili per nuove assunzioni. Nonostante i forti sforamenti di budget (203 milioni negli ultimi due anni, 84 milioni nel 2020, e, addirittura, 119 milioni nel 2021) effettuati per reclutare infermieri (su 70 chiamate, sempre secondo Carradori, avrebbero, però, accettato l’assunzione in 35, 40) e operatori socio sanitari (307 unità tra dicembre 2019 e dicembre 2021). Fino alle recentissime nomine, ufficializzate a fine giugno, di 6-8 nuovi medici al pronto soccorso dell’Infermi. In servizio operativo, però, non prima di settembre, vista la regola burocratica del preavviso di tre mesi da presentare all’azienda sanitaria di appartenenza.

Gli insulti della gente

Sottolinea, però, la Lamarra: «Non so come faranno ad andare avanti fino ad autunno. Il personale medico e infermieristico è poco. Vi dico solo che lunedì erano in servizio due medici, per il turno diurno, e uno per quello serale. La situazione è davvero pesante. Loro fanno del tutto per curare il maggior numero di persone. Lavorano fino allo sfinimento: medici, infermieri, personale oss. Non so proprio come facciano a reggere quei ritmi. E qualche volta, soprattutto gli infermieri, si devono sentir dire dietro brutte parole. Offese. Ma tutti sanno che arrivano da persone esasperate, stanche, costrette a sopportare lunghe attese prima di essere curate. E quindi nessuno reagisce».

L’aiuto dei volontari

Ecco perché ci sono loro. I volontari della protezione civile. Persone ben disposte verso il prossimo che, gratuitamente, corrono in pronto soccorso ad aiutare e supportare infermieri e operatori socio sanitari. «Il nostro compito – spiega la Lamarra - è quello di aiutare i pazienti, là dove necessiti. Di sostenerli qualora avessero bisogno. E, quindi, di sostituirci al personale sanitario impegnato in servizi più delicati e impegnativi. A volte una parola di conforto serve a far sbollire quella rabbia accumulata da ore e ore di attesa. Anche 10, 12 ore e più. Lunedì, ad esempio, un familiare di un anziano malato, giunto in pronto soccorso coi piedi gonfi, esasperato perché il padre non veniva preso in cura dal medico, ha chiamato i carabinieri. Sono subito accorsa da lui per calmarlo, per cercare di comprendere la sua rabbia. E’ servito, si è tranquillizzato. Stessa cosa ha fatto la mia collega. Che, vedendo in difficoltà un’accompagnatrice di un paziente l’ha sostituita, nell’assistenza al parente malato, permettendole, così, di andare a pranzo. Ma anche noi non arriviamo a coprire tutte le necessità del momento. Basti pensare che lunedì c’erano almeno un’ottantina di persone in attesa. Avremmo bisogno di più personale. Perché ad agosto, qui, sarà un vero inferno».

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