Rimini, prof chiama i genitori: insultato e messo al bando sul social

RIMINI. Come avrebbe fatto ogni professore, le ha dato molteplici chances per rimettersi in riga. Visto però che tutti gli sforzi da lui fatti continuavano a non aver effetto, si è visto “costretto” a convocare i genitori a scuola per metterli a conoscenza dello scarso rendimento sui libri e del comportamento poco consono della figlia. Un affronto da pagare con una delle vendette peggiori del terzo millennio: essere messo al bando su un social network.

Esattamente quello che ha fatto la ragazzina terribile che frequenta il primo ciclo di scuole medie inferiori in un comune del Riminese. Per farlo ha creato senza problemi un perfetto falso profilo social e, sotto la foto del docente inquisito, ha iniziato a postare commenti, insulti, minacce di rappresaglie di vario genere. Parole che sarebbero state commentate con entusiasmo e approvazione da molti follower: sono molti gli alunni di oggi ma anche quelli di ieri che si sono lasciati coinvolgere nella vendetta. Un’azione fatta, magari dando credito alle tante dicerie che circolano sulla Rete. Ovvero che la giustizia non può fare niente se si ha meno di 14 anni. Un errore clamoroso e che costerà molto caro, anche in termini economici, ai genitori della ribelle. Il tribunale dei Minori di Bologna, infatti, in caso di segnalazione, non potrà non aprire un procedimento. Che potrà essere chiuso solo dopo un approfondito esame della situazione anche da parte di psicologi e assistenti sociali. Ovviamente anche la direzione didattica è stata informata. A suo carico potrebbero essere già stati presi provvedimenti disciplinari.

Il precedente

Una pagina Instagram chiamata eloquentemente “Casi umani” in cui, sotto mentite spoglie, diffamava professori ed ex compagni di classe, era stato lo strumento della vendetta utilizzata anche da un’ex studentessa dell’alberghiero Malatesta. Scoperta, essendo lei già maggiorenne, delle proprie infamanti insinuazioni fatte dopo il trasferimento in un altra scuola ne ha già dovuto rispondere alla procura della Repubblica che ha iscritto il suo nome nel registro degli indagati con l’accusa di diffamazione aggravata.

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