Rimini, pochi baristi credono nell’asporto

Lo scattare della zona arancione ha decretato un altro “stop” a bar e ristoranti. E come le attività di ristorazione, anche alcuni bar e caffetterie si cimentano con il take away, oltre che con il “domicilio” in negozi e uffici. Tuttavia, i coraggiosi che ieri hanno sollevato la saracinesca e acceso le luci sono stati decisamente meno di quelli che hanno preferito rinunciare alla chance offerta dal dpcm di servire brioches e caffè d’asporto. In giornate umide e grigie come quella di ieri, del resto, più che di guadagnare si tratta di sopravvivere. «Puntiamo a fare la “patta”», ammette Marco, il responsabile del Circus di piazzetta San Martino. In via Garibaldi, invece, c’è Elisa Fino, titolare del bar Dolcenero, che dice di essere riuscita a portare a casa, a fine mattinata, un incasso quasi uguale a quello delle mattine normali. «Tenere aperto - ribadisce - a me conviene, alla grande».
«La mia è una piccola attività - spiega infatti l'esercente del bar a pochi passi da piazza Cavour - non ho alti costi di gestione, per cui posso permettermi di restare aperta». A dare una mano all’economia dell’imprenditrice sono infatti una serie di circostanze. Oltre ai pochi dipendenti, «due, di cui uno in cassa integrazione totale e uno a metà», i costi contenuti di luce e gas, c’è il fatto che la maggior parte dei bar dei dintorni è chiusa, «e quindi oltre ai clienti abituali di negozi e uffici, ho servito anche quelli che normalmente si rivolgono ad altre attività». «Oggi ho venduto più brioches e cappuccini del solito - ammette Elisa - ma meno succhi, frullati o centrifugati. Quelle bevande che di solito prendono e le signore che si ritrovano qui per chiacchierare tra amiche. Un target di clientela completamente abbattuto dalla zona arancione».