Rimini. Piscine, conti in rosso: si va verso lo sciopero

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Un giorno di sciopero e una serie di istanze ai più svariati livelli istituzionali per non far “affogare” definitivamente le piscine nella tempesta (sanitaria ed economica) del Covid. La protesta è in programma domenica prossima, «una misura estrema decisa insieme al coordinamento nazionale dei gestori degli impianti» spiega Roberto Veroni del coordinamento regionale, attivo da 20 mesi e che a gennaio si è costituito in associazione.

A farsi portavoce delle richieste è invece il referente del coordinamento nazionale. «Fra le limitazioni anti-contagio e il caro-bollette è un dramma. Sono necessari interventi di sostegno per salvare un settore che solo in Emilia Romagna conta circa 30mila addetti e centinaia di migliaia di utenti» spiega Luca Bosi chiedendo «un altro bando per ristori a fondo perduto e che venga rinnovato il bonus piscine».

Al governo, invece, la richiesta è di «un contributo da 150 milioni di euro per calmierare la situazione, l’estensione dell’ecobonus 110% agli impianti natatori e l’inserimento delle piscine da parte del ministero negli aiuti previsti per gli impianti energivori contro il caro-bollette».

Riccione, sì allo sciopero

Annuncia l’adesione della Polisportiva Riccione all’iniziativa di protesta il presidente Giuseppe Solfrini, che nel rivelare che dopodomani la piscina della Perla sarà chiusa svela numeri impressionanti. «Al grandissimo danno provocato dal lockdown, si aggiungono costi enormi figli dei rincari del gas e dell’energia elettrica che non consentono di trovare più l’equilibrio finanziario: o arrivano incentivi seri e concreti o le gestioni di impianti natatori diventeranno anti-economiche» lancia un vero sos, entrando nel merito del doppio binario di note dolentissime.

In primis, i danni della pandemia. «Dal marzo 2020 al maggio 2021 siamo stati chiusi 10 mesi su 14 e considerato che a pieno regime il nostro fatturato medio è di 240mila euro al mese abbiamo avuto mancati ricavi per due milioni e 400mila euro: a fronte di questo, ci sono pervenuti ristori per 60mila euro, il 2,5 per cento, la metà della media nazionale. A ottobre si è poi aggiunta la folle corsa al rincaro delle due materie prima fondamentali per le piscine, gas ed energia elettrica (l’acqua va riscaldata e mantenuta in movimento e l’aria va termo-ventilata continuamente) con aumenti arrivati a due volte e mezzo rispetto a prima. Anche in questo caso i conti sono presto fatti: siamo uno degli impianti più grandi d’Italia, consumiamo ogni anno 300mila metri cubi di gas e un milione di kilowatt di energia elettrica e su scala annuale gli aumenti saranno di 240mila euro. In una società sportiva sono cifre che non reggono, anche perché non possiamo incidere sui ricavi aumentando prezzi che le famiglie non potrebbero certo sostenere. Come se non bastasse, nel corso di nuoto iniziato a gennaio a causa degli infettati e dell’introduzione del green pass per gli over 12 (molti ragazzini ne sono sprovvisti) abbiamo registrato un calo dell’utenza del 40 per cento rispetto al primo corso ottobre-dicembre».

Il Garden medita

Devono ancora decidere se aderire o meno alla protesta al Garden Sporting Center di Rimini, ma non perché la situazione sia migliore. Più per una ragione concettuale e di “messaggi” da indirizzare alla clientela. A rivelarlo è il presidente Ermanno Pasini: «Il problema non sono solo gli 11 mesi di chiusura totale, ma il fatto che gli altri sono stati una sorta di semi lockdown: si fosse lavorato in pieno si sarebbe anche bilanciato di più. Noi siamo sopravvissuti grazie al fatto che facciamo tantissime attività e lo scorso anno all’aperto abbiamo avuto riscontri clamorosi, ma vediamo le conseguenze soprattutto sul fitness, dove non c’è più movimento a livello nazionale per la paura di contagiarsi: le chiusure possono quindi far passare un messaggio sbagliato, che alimenta i timori mentre noi dovremmo essere bravi a trasmettere l’idea che siamo qui pronti ad accogliere le persone in sicurezza. Per questo, domani mattina (oggi, ndr) faremo un consiglio di amministrazione in cui decideremo se partecipare o meno allo sciopero di domenica e, nel caso, in quale modalità visto che non abbiamo solo la piscina».

Pur sciorinando a sua volta cifre da far impallidire, Pasini sollecita a gran voce incentivi più che ristori. «Il contributo a fondo perduto, pur fondamentale nell’emergenza, non è la soluzione di tutto (in questi due anni abbiamo perso quasi 4 milioni di euro di fatturato e non possono certo coprircelo), lo Stato deve invece aiutarci a incentivare il lavoro concedendoci la possibilità di voucher come il Bonus terme, che è stato promozionato a lungo e ha consentito a tali strutture di mantenere una bella attività: se anche il governo stanziasse 200 milioni da dividere fra tutti a ciascuno arriverebbe qualche migliaio di euro, se invece si fa in modo che possa conservare mille clienti mi aiuti a rimanere in piedi attraverso il mio lavoro» auspica, prima di chiudere con una doppia novità sul fronte super rincari delle materie prime. «La bolletta del gas è passata da 15mila a 46mila euro al mese, nonostante abbia costruito impianti nuovi che riducono i consumi giornalieri: tradotto, si parla di oltre 300mila euro in più all’anno di spese, senza considerare l’elettricità. Oltre che essere riuscito a stipulare un contratto con un broker a 0,70 centesimi al metro cubo, stiamo cercando di costruire un consorzio per l’acquisto a prezzo calmierato: è su queste operazioni che dobbiamo chiedere aiuto, più che sui ristori a fondo perduto».

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