Rimini. Pestato col bastone sporco di escrementi. Mamma li denuncia VIDEO

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«Mio figlio è devastato, è distrutto. Non esce più di casa, e io da mamma vorrei solo che facesse una vita normale». Dense di apprensione e preoccupazione, le parole di una signora del Riminese madre di un ragazzino di circa 13 anni raccontano la disperazione di sapere il figlio vittima di bullismo. Settimane, mesi, passati a schivare e subire le angherie di un gruppetto di ragazzi di pochi anni più grandi, culminati nel tardo pomeriggio di un paio di giorni fa, «quando l’hanno preso a calci e pugni, picchiato con un bastone sporco di escrementi di cane e poi hanno sbattuto la sua faccia contro una fontanella, ferendolo al volto». Episodi «incredibili, di una violenza assurda, che mi hanno fatto capire che non potevo più stare zitta, che dovevo fare qualcosa per mio figlio». Così, vedendo tornare a casa il ragazzino sconvolto, sporco e con gli occhi pesti, la donna ha deciso di rivolgersi ai carabinieri e denunciare quanto accaduto. «Ho denunciato i bulli che terrorizzano mio figlio - racconta - ma non solo: anche il padre di uno di loro, perché mi ha minacciato quando, qualche tempo fa, sono andata da lui per raccontargli cosa fa suo figlio al mio, nella speranza che lui lo riprendesse e gli dicesse di comportarsi bene».

Episodi ripetuti

Prese in giro, minacce, ma anche aggressioni fisiche, erano già accadute diverse volte in passato. «Un paio di settimane fa - aggiunge la mamma - l’avevano immobilizzato e tolto la maglietta, poi l’hanno preso a pugni. E tutta l’aggressione l’hanno ripresa con il cellulare, per poi condividere il video sui social». Eppure, nonostante la gravità dei comportamenti messi in atto negli ultimi tempi, la donna spiega che episodi violenti come quello di un paio di giorni fa non si erano mai verificati prima. «Quello è stato il colmo - spiega, riferendosi all’ultima aggressione -. A picchiarlo erano in due, anche se il gruppetto era formato da più di tre ragazzini. Uno di loro l’ha preso per il collo mentre attraversava una strada, poi ha iniziato a colpirlo con il bastone sporco di cacca, e quando mio figlio ha trovato una fontanella per sciacquarsi la faccia, gliel’hanno sbattuta contro la fontana». Dell’aggressione, oltre alle cicatrici psicologiche, sono rimaste le ferite al viso, curate dai sanitari del Pronto soccorso dove il ragazzino è stato portato dalla mamma una volta tornato a casa.

«Vive nella paura»

«Mi ha detto che ha paura, che vive nel terrore. Non esce mai di casa e io non so come fare», racconta la donna, condividendo lo sfogo per un dolore che si porta dentro da tempo. «Mi fa piacere solo che me l’abbia raccontato, perché quei ragazzini lo minacciavano di fare peggio, se lui ne avesse parlato con qualcuno. Io come mamma mi sono sentita di dover fare qualcosa, di intervenire per fare sì che mio figlio torni a uscire con gli amici e ad avere una vita normale. È l’unica che cosa che conta per me». Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, non è una forma di violenza rivolta verso una istituzione o un simbolo di essa: è invece rivolta spesso verso un singolo individuo. Importante prendere atto dei meccanismi di consenso da parte dei bulli. Spesso - riferiscono gli esperti - sono più o meno consapevoli di ciò che stanno facendo, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli stessi, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono a esprimere la cultura identitaria del gruppo, sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio. Generalmente, il ciclo può includere sia atti di aggressione sia atti di reazione a disposizione dell'eventuale vittima che sono interpretati come stimolanti da parte del bullo. Il ciclo si basa essenzialmente sulla capacità di avere sempre degli stimoli che possano motivare l'aggressore a porre in essere i propri propositi deviati, a volte reiterati nel lungo termine per mesi, anni o per tutta la vita. Talvolta, le stesse istituzioni possono inibire o rafforzare il bullismo, ad esempio, colpevolizzando le vittime o inducendole a risolvere da soli i propri problemi.

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