Due anni e sei mesi di reclusione (pena sospesa). È la condanna inflitta dal Tribunale a un 42enne accusato di atti persecutori nei confronti di una giovane donna che gli serviva il caffè al bar dov’era solito recarsi ogni mattina.
Una pulsione malata la sua, mai corrisposta, che ha raggiunto l’apice una notte quando lo stalker, che da tempo aveva scoperto dove la vittima viveva con i propri genitori, ha scavalcato la recinzione di casa; attraversato il giardino si era quindi accomodato su un dondolo dove ha atteso il rientro della giovane vittima avvenuto nel cuore della notte.
Dopo averla terrorizzata apparendo dal nulla, non se ne è andato neppure davanti alle sollecitazioni del padre e di un vicino richiamato dalle grida della vittima. Da qui la denuncia e l’attivazione del Codice rosso che ha visto la Procura della Repubblica chiedere al Gip un’ordinanza cautelare che gli impediva di materializzarsi davanti alla ragazza in un raggio inferiore al mezzo chilometro. Uno stalker recidivo: prima della giovane aveva perseguitato sua madre. Per questo l’accusa aveva chiesto la condanna a 4 anni e 3 mesi.
La storia
L’uomo, come ricostruito dalla Procura della Repubblica, ha iniziato a manifestare la sua presunta ossessione verso la giovane nel 2019. Ed è andato avanti senza soluzione di continuità per due anni.
Ogni mattina, dopo aver preso il caffè al banco del bar dove la ragazza lavorava, come confermato dai colleghi, si sedeva in un angolo in attesa della fine del turno della ragazza e solo allora se ne andava. Il salto di qualità nella presunta persecuzione, sarebbe avvenuto nella primavera dello stesso anno; attraverso Messenger e Instagram, ha iniziato a mandarle con sempre più frequenza messaggi dal contenuto amoroso tanto da spingere la donna a bloccare il suo profilo. Aver negato al 41enne la possibilità di raggiungerla sui social sembrava aver sortito gli effetti desiderati. Ma non è stato così. All’improvviso, infatti, lo scorso 3 luglio, l’uomo ha fatto sapere di essere ancora presente nella sua vita per ben due volte in una manciata di ore. La prima, quando le ha infilato nella buchetta una lettera scritta da lui a mano, dal contenuto inequivocabile:
«Noi non ci conosciamo, anche se da parecchio sei nei miei sogni». Poi la seconda azione, la più clamorosa, quella che l’ha portato a violare la privacy della casa di famiglia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’imputato era difeso di fiducia dall’avvocato Liana Lotti.