Rimini. Nonna Teresa e la guerra: "Quei morti davanti a casa"

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Nonna Teresina Migani, maestra elementare di 90 anni, racconta la guerra nell’anniversario del 25 aprile. «Sono ancora impressi nella memoria i giorni decisivi di una delle ultime grandi battaglie della seconda guerra mondiale, di cui furono teatro le colline di Coriano, Croce, San Savino, Gemmano e Monte Colombo», spiega con voce un po’ incrinata dall’emozione. I protagonisti furono «l’esercito dei tedeschi, con soldati giovanissimi e l’esercito degli alleati formato soprattutto da truppe coloniali». E prosegue: «I tedeschi avevano concentrato le forze sulla Linea Gotica, trasferitasi sulle nostre colline a seguito della ritirata da quelle marchigiane». Così racconta «ci toccò la sorte di assistere, come su uno schermo, a tutte le fasi di quest’immane tragedia». Perché, prosegue «il 2 settembre del 1944, le nostre famiglie si trasferirono da via Palazzo di Croce nei rifugi costruiti ai piedi della collinetta, sul cui pianoro erano allineate batterie di cannoni tedeschi che rispondevano alle cannonate degli alleati da Pesaro». Ma non basta. «Nella zona di Mulazzano, a Coriano - ricorda - una batteria a lunga gittata esplodeva le granate su Cattolica e Pesaro da cui avanzavano le truppe alleate a marce forzate, passando sulle nostre teste con gran rumore».

Questo ogni giorno per tutta l’estate. Teresa rammenta anzi che «il frastuono era tale da doverci riparare le orecchie per non perder l’udito». Tanto più che i rifugi erano stati allestiti, senza alcuna cognizione del pericolo a cui i civili sarebbero stati esposti. «Io e mia sorella Anita - racconta - nelle tregue cercavamo viveri rimasti nelle case, attingendo poi l’acqua dal pozzo». Ed ancora: «Assistevamo a scene apocalittiche dai pertugi».

Intanto la collina sovrastante fu presa e lasciata più volte dagli alleati e ripresa dai tedeschi. «Giorni cruenti - sottolinea Teresa - in cui stavamo rintanati come bestie in gabbia».

Alla fine la decisione: fuggire attraverso i campi sotto la collina di Croce «già costellata da carri armati» per entrare nei rifugi più sicuri costruiti dai tedeschi. E lei rammenta che «rimanemmo in attesa. Poi al rientro nelle case distrutte, trovammo da un lato soldati alleati morti, mentre dall’altro c’erano i cadaveri dei tedeschi».

La località di via Palazzo di Croce era occupata dall’esercito alleato. Ed i fratelli della ragazza ascoltando radio Londra, furono stupiti di sentire nominare «la grande battaglia avvenuta sulle colline romagnole». E conclude: «Noi con la spensieratezza e l’incoscienza dell’adolescenza e gli adulti con il coraggio e la volontà tenace di andar avanti, non ci sentivamo vinti, ma iniziammo a progettare la ricostruzione dei paesi e dell’Italia tutta. Io ero presente!».

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