Ha continuato ad esercitare la professione di medico specializzato in oncologia, senza sapere di essere colpito dalla “demenza a corpi di Lewy”, malattia degenerativa simile alla Sla che dà, tra i molti effetti, episodi di confusione senza causa apparente, disfunzioni del sistema autonomico-vegetativo, disturbi comportamentali, cognitivi, delle abilità visuo-spaziali e visuo-percettive; disturbi motori associati al parkinsonismo. Una malattia, ha sempre sostenuto il suo difensore l’avvocato Alessandro Pierotti sulla scorta della diagnosi fatta dai suoi medici curanti, di cui inconsciamente era stato colpito 2 anni prima del 21 gennaio del 2019, giorno in cui una sua paziente cinquantenne è stata strappata all’affetto dei suoi cari per un tumore al seno scambiato per una ciste. Per quel male che alla medesima età aveva portato via sua madre, il medico si è ritrovato seduto sul banco degli imputati del Tribunale di Rimini per rispondere dell’accusa di omicidio colposo. Reato per cui non verrà mai condannato. Il giudice Raffaele Deflorio, infatti, ha emesso una sentenza di non luogo a procedere perché l’imputato, oggi 80enne e con la malattia sempre più aggressiva, «non è stato ritenuto capace di difendersi attivamente». Alla prima udienza del processo l’avvocato Pierotti ha infatti ripresentato l’istanza che gli era stata respinta in sede di udienza preliminare. Ovvero che il suo assistito venisse sottoposto ad una perizia medico legale per stabilire la sua reale condizione clinica. Il giudice letta anche la relazione dei medici curanti non ha avuto dubbi, ha dato il suo assenso ed ha incaricato dell’esame il professor Renato Ariatti che è arrivato all’identica conclusione cui era giunto anche il nuovo consulente della difesa, il dottor Claudio Aurigemma ex direttore dell’Unità operativa di Psichiatria dell’ospedale Infermi. L’imputato affetto da «demenza» non era in grado di sostenere un processo.
Davanti a queste conclusioni il collega Roberto Giannini legale di parte civile in rappresentanza del marito e dei figli della vittima e la stessa pubblica accusa si sono associati alla richiesta della difesa ed il giudice Deflorio, come detto, ha emesso la sentenza di «non procedibilità».
Causa civile
Ora marito e figli della signora che si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Roberto Giannini, potranno comunque decidere se intentare o meno causa civile alla struttura sanitaria privata assistita dal professor Massimo Coliva dove l’oncologo ha fatto l’errata diagnosi e allo stesso medico. Sicuramente su questa causa un peso molto rilevante l’avrà anche la consulenza chiesta dal pubblico ministero Davide Ercolani. Il perito della Procura, infatti, ha concluso che anche se fosse stata accertato il tumore, era di una gravità tale che non sarebbe sopravvissuta.