Rimini, "noi del biliardo, costretti a spostarci a Riccione"

Al banco un gruppetto degli oltre 50 milioni di allenatori della Nazionale a dispensare consigli e suggerire convocazioni al ct di turno e ai mister di Juve, Inter e Milan. Dai tavoli un coro di «busso», «striscio» e «voglio la meglio» in una coltre di fumo che rende quasi irriconoscibili i “maestri” del tre e trentuno e del tresette. Giù in fondo, nella nebbia artificiale delle sigarette, il rimbombo delle bocciate e gli sfottò di chi con palle e pallino si gioca il “palaio”. Senza scomodare il “Bar Sport” di Stefano Benni, è la fotografia ingiallita della stragrande maggioranza dei bar romagnoli degli anni ’80 e ’90. Locali che sponsorizzavano una squadra di calcio e almeno una di biliardo in campionati provinciali a suon di derby da far impallidire San Siro.

Oggi, facendo un giro per Rimini, gli aspiranti ct azzurri forti dell’esperienza maturata con quattro calci sugli spelacchiati campi di categoria sono ancora lì, le carte da gioco sono rare, ma i panni verdi sono diventati veri e propri Gronchi Rosa: all’ombra dell’Arco d’Augusto, di quelli con le buche non ce n’è infatti più neanche… l’ombra. Tanto che un drappello di irriducibili, che in quegli anni ’80 erano ragazzini alle prime armi e hanno vestito i colori di svariati bar cittadini, sono stati costretti a cercar casa in casa del “nemico” sportivo per portare avanti la tradizione. Difendono i colori del Bar Incontro di Riccione ed è sui biliardi del quartiere San Lorenzo che partecipano al campionato di Serie C, facendosi fra l’altro più che onore visto che guidano la classifica in solitaria. Sempre in trasferta non per impraticabilità, ma per impossibilità di campo come rivela Gilberto Farneti, assicuratore con la passione per le otto palle bianche e rosse e i birilli e capitano della squadra di 12 amici al bar in perenne ricerca di bar.

Come siete finiti nella Perla Verde dopo oltre 30 anni di campionati made in Rimini?

«L’ultimo “nostro” bar riminese è stato il Charly di via Montefeltro dopo un girovagare partito dal Bar Zeta e che ci ha visto passare per Plutone e Gas Station in via Dario Campana. Il movimento si esauriva e noi rincorrevamo gli ultimi “teatri” di una tradizione in cui vogliamo restare ancorati: che sfide con il Montecavallo o il Di Vittorio in zona via Praga… Solo a Viserba c’erano tre-quattro bar con la propria squadra. Oggi invece a Rimini di biliardi con le buche non ce ne sono più, neanche uno, perché i privati ci dicono che per loro è un costo diventato insostenibile fra panni verdi che portano via spazio e bollette per riscaldarli alle stelle».

Ne sono rimasti quindi solo alcuni senza buche?

«Sì, ci sono il bar Sergio di via di Mezzo e il Filon ai Padulli (forse anche il Bar Angelo a Viserba) che partecipano al campionato Fibis».

Voi giocate invece senza buche nel campionato Abis.

«Sì e si riesce a fare il torneo provinciale solo perché nella zona sud fra Cattolica, Gabicce e Pesaro sono tanti invece ancora i bar che hanno i biliardi (a Pesaro sono stati creati anche dei circoli nei bocciodromi) e si gioca per guadagnarsi le fasi finali del Palafiera di Morciano. Poi ci sono tanti riminesi che non hanno più la loro squadra e si sono divisi nelle varie formazioni fuori comune: fra loro Andrea Muccioli, che vince vari tornei a livello regionale».

In questo mondo in via di estinzione a chi va il suo e il vostro pensiero?

«Ci sono punti di riferimento assoluti per tutti come Romeo Montanari, Bruno Fabbri del Charly e al Bar Zeta è stata la stagione di Carlo Armigeri a segnare il momento d’oro, quando tantissimi giovani si sono avvicinati al panno verde sbarcando nel mondo dei grandi: i ragazzini facevano i bocciatori per la loro esuberanza, mentre il più attempato insegnava ad andare a punto ed era quasi un maestro di vita. Cosa che oggi purtroppo non esiste più per mancanza di giovani: noi siamo fra i pochi a portarci un 30enne in squadra, Alex Michelucci che ha appena vinto un Terza Categoria quando un tempo si faceva il campionato a 16-17 anni. Tiziano Lunedei detto “il micione” ci ha raccolto tutti a quell’età, ci seguiva in ogni cosa e ci portava a giocare con la sua macchina: nell’ambiente lo conoscono tutti e oggi che è un po’ su d’età siamo invece noi a portarlo a ogni nostra gara. Questi erano i riferimenti, persone animate solo dalla passione per una disciplina bellissima».

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