Il primario Nardi: "Per battere il virus restrizioni e vaccini"

Rimini

«In questa seconda ondata gli ospedali della Romagna hanno retto molto bene, grazie alla collaborazione tra le strutture e il piano di regia unico. La gente però deve capire che adesso è il momento di chiudere, è l’ultimo sacrificio per battere il virus». Se da una parte il primario del reparto di Rianimazione di Rimini, Giuseppe Nardi, tranquillizza sulla tenuta delle strutture ospedaliere, dall’altra mette in guardia, senza usare mezzi termini, sui rischi legati alla circolazione delle varianti. «Se lasciamo che il virus aumenti la sua diffusione – spiega – potrebbero nascere nuove varianti insensibili al vaccino. A quel punto sarebbe una catastrofe». Per Nardi, non ci sono dubbi su quale sia la strada da imboccare: «Aumentare consistentemente la portata della campagna vaccinale e nel frattempo prendere provvedimenti restrittivi. Capisco l’esasperazione, ma è l’ultimo sforzo».

Dottor Nardi, cosa è cambiato nell’organizzazione ospedaliera rispetto alla prima ondata?

«Sebbene sia stata più alta della prima, con un numero di contagi ben più elevato e una durata nel tempo molto maggiore, la sanità ha retto bene. I vari ospedali collaborano tra di loro, rispondendo a una gestione unitaria. Dopo la diminuzione dei contagi in estate e l’aumento delle infezioni in autunno, abbiamo avuto fasi di decremento ad altre di crescita di tutti i ricoveri. L’ultimo momento di calo è stato dopo il 20 gennaio, ed è durato per circa 3 o 4 settimane, mentre ora registriamo un leggero aumento. In genere la Terapia intensiva risente degli incrementi delle diagnosi da Covid una decina di giorni dopo gli altri reparti, perché prima i malati vengono ricoverati in Medicina e poi, se si aggravano, vengono trasferiti in Rianimazione».

Com’è ora la situazione?

«Stazionaria. Ma siamo preoccupati per l’aumento dei contagi degli ultimi giorni».

Il vaccino ha prodotto qualche cambiamento?

«Sì, i contagi tra gli operatori si sono praticamente azzerati, grazie al fatto che ormai l’80% del personale medico si è vaccinato e anche il 75-80% tra oss e infermieri. È la prova che il vaccino funziona».

Lei ha contratto il Covid?

«No, se ci si protegge adeguatamente non ci si contagia. Per la verità nessuno si è contagiato in Rianimazione. Gli operatori che l’hanno contratto, l’hanno preso in ambito extra ospedaliero».

Ha fiducia nel vaccino, anche contro le varianti?

«Il problema è che non abbiamo vaccini sufficienti per una campagna di massa. Ma se non vacciniamo in fretta il maggior numero possibile di persone, non ne usciremo mai. Le varianti sono un rischio vero: alcune sono sensibili al vaccino, altre temiamo che potrebbero non esserlo. Se abbassiamo la guardia e ci lasciamo andare, i contagi aumentano e con loro il rischio che si generino nuove varianti, abbassando l’efficacia del vaccino. La proliferazione di mutazioni è esponenziale rispetto alla circolazione del virus. Ora non riusciamo a verificare, tampone per tampone, se il virus è mutato, ma vengono fatti test a campione dai quali è emerso che in dieci giorni la variante inglese è passata dal 28 al 38% di oggi».

Da medico, che cosa suggerisce?

«Rendendomi bene conto dell’esasperazione delle persone, e soprattutto dei giovani, visto che ho due figlie, così come del fatto che per l’economia sarebbe una cosa terribile, posso dire che un ultimo periodo di rinforzo delle restrizioni, un ultimo duro sacrificio mentre acceleriamo con le vaccinazioni, potrebbe permetterci di uscirne finalmente in tempi abbastanza brevi».

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