Rimini, "Mollo tutto e vado a vivere in un rifugio sull'Appennino": Stefano è stato di parola

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Torna a vivere il rifugio “Fangacci”, un angolo di paradiso all’interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, al confine tra Romagna e Toscana e a pochi passi dalla riserva naturale Sasso Fratino, inserita nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco. Dopo anni d’attesa, la ripartenza è stata celebrata con una festa alla quale hanno partecipato escursionisti, appassionati della natura, padre Ugo che ha benedetto i locali e i carabinieri forestali a cavallo. Protagonisti della riapertura sono Stefano Severi e Lucia Infelici, che hanno preso in gestione il rifugio dopo il bando pubblico dell’autunno scorso, al quale diversi avevano manifestato l’intenzione di far rivivere il rifugio.

L’uomo dei boschi


La storia di Stefano Severi, riminese, è quella di chi ha fatto una scelta di vita. «Ho 51 anni, ho sempre amato il Casentino - racconta - dove sono venuto con la mia famiglia fin da giovanissimo. Saranno ormai 35 anni che frequento questa zona e me ne sono innamorato. Facevo la stagione al mare e sono operatore socio-sanitario: per anni ho lavorato in un centro riabilitativo per disabili a Rimini, una bella esperienza, ma volevo cambiare. Cinque anni fa ho deciso di mollare tutto e trasferirmi nel Casentino, aprendo un bed&breakfast. I miei amici mi dicevano che ero matto, adesso mi chiedono se possono fare lo stesso. Sono guida escursionistica e guardia forestale».
Lo scorso anno c’è stata la possibilità di partecipare al bando e insieme a Lucia, che è di Cortona, in provincia di Arezzo, hanno deciso di provarci. «È stata accolta la nostra proposta: il rifugio è intestato a lei che si occupa anche della parte burocratica e amministrativa, io figuro come collaboratore, sono forestale, faccio da guida lungo i sentieri, organizzo escursioni. E poi c’è Paride Andreani che si occupa della parte artistica e che sa fare tutto quello che serve in un rifugio».

Nella natura


Una casina nel bosco, otto posti letto, comfort, ambiente familiare, punto di riferimento per escursionisti, amanti della tranquillità, pellegrini, famiglie che vogliono passare un paio di notti nell’incantato paesaggio del Parco nazionale. In poche giornate già tante le richieste di informazioni e le prenotazioni. «Da novembre 2020 abbiamo dovuto fare solo qualche lavoro per gli arredamenti - riprende Severi -. Abbiamo approfittato dei mesi di chiusura e di divieto di spostamenti. Abbiamo messo tutto di tasca nostra perché crediamo in questo progetto. E vogliamo collaborare con le imprese della zona. Noi non facciamo ristorazione, ognuno può usare la cucina, ma organizziamo merende con prodotti di aziende locali, cerchiamo sempre di affidarci a realtà del posto per qualsiasi necessità».

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