Rimini. Molestie alla figlia, chiesto processo per 57enne

In lacrime era corsa in cucina dove aveva preso un coltello e se lo era puntato allo sterno. La mamma, convinta che si trattasse della reazione eccessiva di una adolescente privata del cellulare dal padre per punizione, era riuscita a farle appoggiare la lama sul tavolo. Poi l’aveva seguita in camera dove si era rifugiata per consolarla. È stato in quel momento che alla madre è crollato il mondo addosso. La figlia, infatti, le ha detto che quella reazione non era legata al ritiro del telefono. Lei non ne poteva più del padre perché l’uomo, già da diverso tempo, la molestava sessualmente. Accuse oggetto di verifiche della Seconda sezione della Squadra mobile della Questura di Rimini che portarono il sostituto Davide Ercolani a chiedere e ottenere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita il 16 giugno dello scorso anno, Casetti lasciati dieci giorni più tardi dopo la revoca della misura restrittiva. L’uomo è difeso dall’avvocato Enrico Graziosi.

Il capo di imputazione

Per l’uomo, un cittadino sudamericano, ora il pubblico ministero ha presentato all’ufficio dei giudici dell’udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio. Chiede per il 57enne il processo con le accuse di violenza sessuale aggravata dal grado di parentela e dalla minore età della figlia. Gli episodi contestati al presunto bruto si sarebbero consumati a Rimini per tutto il 2020 fino al 28 maggio dell’anno seguente. Nel capo d’imputazione si legge che il genitore «le toccava frequentemente il seno e le parti intime. In particolare: mentre erano a letto ed entrambi in pigiama, iniziava a toccarle il seno, nelle parti intime sotto i vestiti e le mutandine. In diverse altre occasioni, invece, approfittando che la ragazzina stava studiando il corpo umano maschile, le faceva toccare il pene».

La difesa

Accuse che l’uomo ha sempre respinto con forza. L’indagato ammette una sola “colpa”: avere lasciato la sua famiglia per tredici mesi per risolvere delle questioni delicate nel proprio Paese d’origine. Ciò gli ha impedito di stare vicino alla figlia per aiutarla a superare quel disagio provato da molti adolescenti a causa della pandemia. «Dovevo rimanere all’estero soltanto tre mesi - ha raccontato da subito al suo legale -, ma a causa del Covid sono stato costretto a trattenermi per più di un anno: al mio ritorno in casa non c’era più la stessa atmosfera di prima. Ho avvertito del risentimento, ho notato che qualcosa non andava più in famiglia». Una volta rientrato la situazione è precipitata in fretta. Durante l’interrogatorio di garanzia, al Gip Vinicio Cantarini aveva spiegato di aver tolto il cellulare alla figlia perché aveva notato che frequentava siti che non riteneva consoni per la sua età. Oltre a negare i toccamenti, l’uomo ha sempre negato anche di avere vissuto situazioni ambigue con la figlia, che potevano cioè essere equivocate. Al Gip aveva dato uno spiegazione per la “lezione” di anatomia. La figlia, ha fatto verbalizzare, stava studiando Scienze e quindi parlavano del corpo umano. Tutto questo, ha sostenuto, è avvenuto mentre stava facendo una telefonata facilmente verificabile dagli investigatori della Polizia.

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