Rimini. «Mio padre, nuotatore, morto risucchiato nel vortice»

Rimini

RIMINI L’autopsia disposta dal pm Luca Bertuzzi ha accertato che Leandro Moretti, 69 anni, l’uomo morto in mare il 24 giugno nel tratto antistante il bagno 27, vicino al cantiere del nuovo impianto fognario, è annegato. Non è stato colto da malore. In quell’area, in certe circostanze, si crea uno stano vortice in corrispondenza di una buca e i bagnanti rischiano grosso come dimostra la statistica degli interventi di soccorso. È una conseguenza indiretta dei lavori? Il dubbio è legittimo e dopo l’esposto della famiglia della vittima sarà la procura a indagare. A chiedere di fare luce è Marco Moretti, 37 anni, riminese, figlio dell’uomo, il primogenito (ha due sorelle). È assistito dall’avvocato Maria Rivieccio.


Qual è il senso dell’esposto?
«Mio padre era un uomo sportivo, direi atletico per la sua età e in salute e sapeva nuotare bene. Camminava in mare a poca distanza dalla riva, con l’acqua all’altezza della vita. Da un metro d’acqua si è trovato a sprofondare all’improvviso, dicono a cinque metri, e in mezzo a un vortice che lo ha risucchiato. C’era qualcosa che lo portava a fondo. Un qualcosa di cui molti parlano, ma del quale non si conosce la causa e non è segnalato come pericolo. Lo scopo è evitare che possa accadere ad altri quello che è accaduto a mio padre. Di lì può passare anche un bambino».
È accaduto tutto sotto gli occhi di sua madre, dopo cinquanta anni di vita insieme.
«Sì, è ancora sotto choc. Camminavano assieme, una passeggiata. Lei lungo la battigia, lui in mare con l’acqua alla vita per potenziare la muscolatura dopo aver avuto un problema al ginocchio. A distanza, ma in grado di parlarsi. Erano arrivati di buon mattino, hanno l’ombrellone al 24, e verso le 8 si sono incamminati verso sud. Tutto è successo cinque minuti dopo. A un certo momento mia mamma ha visto solo la testa di mio padre. Non si è preoccupata. Lui sapeva nuotare bene. Una volta a Bellariva ha salvato un ragazzo che stava annegando. Lui però le ha chiesto inspiegabilmente aiuto: Chiama qualcuno, ho bisogno di aiuto. Non sembrava una situazione tragica, ma invece qualcosa lo stava trascinando in basso».
Sua madre si attiva subito e interviene il salvataggio…
«Sì, ho voluto parlare con lui per capire. Stefano Mazzotti è il proprietario dello stabilimento balneare. Mi ha raccontato di come mio padre cercasse di uscire fuori da quel vortice. Una buca che lo spingeva in basso. È stato lui a dire queste cose a Mazzotti che mi ha confermato che era lucido, per questo non ho mai creduto all’ipotesi del malore. Lottava per non morire, nuotava disperatamente per sfuggire all’improvvisa corrente, senza riuscirci, ma era in grado di chiedere aiuto. Neanche lui, che alla fine ha rischiato grosso al punto di essere tratto in salvo da due ragazzi, riusciva a raggiungerlo. Mazzotti mi ha indicato il punto preciso: Era vicino a quel palo lì. Roba da non credere, a pochi metri dalla riva, impossibile annegare nel mare Adriatico, mi sono detto, deve esserci qualcosa di strano. Ci si va a piedi, non a nuoto. È un pericolo enorme, e non hovisto né boe ne un cartello di pericolo. Ripeto, mio padre era uno che prendeva la bici andava in Carpegna, da ex istruttore dei macchinisti delle ferrovie ancora lavorava come consulente aziendale».
Che idea si è fatto?
«Non sono un esperto, ma parlando in questi giorni con gente del posto che frequenta la zona credo che in determinate condizioni climatiche quel tratto di mare diventi una trappola mortale. Dicono che ultimamente sia pieno di buche e altri dissesti che creano forti correnti. E dicono anche, ma si tratta di voci e io non ho elementi per accusare nessuno, che fino a qualche tempo fa non fosse così. La mia principale preoccupazione è avvertire tutti del pericolo». Alla Capitaneria lo scorso anno era già arrivata una segnalazione dei marinai di salvataggio: l’incidenza degli interventi sarebbe superiore a tutte le medie degli interventi eseguiti sulla costa: 14 in un solo giorno il 17 giugno 2019, 11 il 4 luglio 2020 in condizioni di tempo simili a quelle del 24 giugno scorso. La prossimità al cantiere dell’Hera può essere solo una coincidenza. Ma è bene che a dirlo, a questo punto, sia la procura.

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