Via libera alla possibilità per i medici di base e pediatri di libera scelta, entrambi convenzionati con il Sistema sanitario nazionale, di restare in servizio fino ai 72 anni e non a 70. Secondo Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Rimini la possibilità offerta dall’approvazione dell’emendamento di Fdl al decreto Milleproroghe rischia però di rimanere lettera morta. «Non credo che saranno tanti i medici intenzionati a cogliere questa opportunità, a meno che non si riveda l’organizzazione sanitaria e la burocratizzazione imposta dall’Ausl. Oggi i medici di base e quelli ospedalieri sono in forte sofferenza e il rischio reale è che le uscite dal lavoro vengano anticipate, come succede già da tempo».
Dottor Grossi, quali sono le cause del malcontento?
«Il problema è il tempo che gli adempimenti burocratici e amministrativi sottraggono all’ascolto e alla visita dei pazienti. La richiesta di dati, statistiche, informazioni è aumentata all’inverosimile, ed è tutto a carico del medico mentre un tempo per questi adempimenti esistevano uffici e addetti appositi. Possibile che non si riesca a informatizzare niente? Abbiamo applaudito la dematerializzazione della ricetta, una cosa che poteva essere fatta tranquillamente anche dieci anni fa».
Cosa arriva dagli ambulatori e dalle corsie?
«Le lamentele le sentiamo tutti i giorni. Provengono da medici di base e da primari ospedalieri e il messaggio è sempre lo stesso: “Non sono un impiegato ma un medico che passa più tempo alla scrivania a scrivere che ad ascoltare e a visitare i miei pazienti”».
Sanità e politica, cosa può dirci?
«Servirebbero meno sortite ad effetto e più progettualità e programmazione, servirebbe ragionare con gli ordini professionali, incontrandoli e ascoltando quello che hanno da dire. Invece troppo spesso le decisioni vengono calate dall’alto e questo non va bene. Faccio un esempio, la proposta del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini di togliere il numero chiuso alle facoltà di Medicina. Una scelta del genere non risolve in tempi brevi il problema e senza una adeguata programmazione si rischia di rimandare al futuro un problema maggiore. Per formare un medico occorrono 8/10 anni di studio: che tipo di medici formare per una società che cambia velocemente? Più geriatri o più pediatri? Se si sbaglia l’obiettivo, il rischio è di lasciare per strada tante persone».
Quale soluzione?
«Bisognerebbe cogliere l’opportunità del Pnrr e fare investimenti. La sanità ha bisogno di innovazione e tecnologia, è un settore in cui l’informatizzazione è ancora agli inizi. Guardiamo al sistema bancario e chiediamoci se sia possibile rendere operativa una tesserina su modello del Bancomat che tutti abbiamo in tasca con cui il paziente possa fare conoscere la propria storia sanitaria a livello nazionale. Oggi, va ricordato, il Fascicolo Sanitario può essere letto solo all’interno della propria regione».
Ha un suggerimento?
«La sanità riguarda tutti e coglie nei momenti di maggior fragilità. Eppure non è al centro del programma di Governo e neanche in quella dei singoli partiti. E’ un tema che non mi pare venga affrontato come dovrebbe».
Un pericolo?
«Alcune puntate andate in onda nel programma televisivo Report ce lo raccontano bene: la sanità sta affondando, le liste di attesa sono lunghissime, gli interventi vengono rimandati. Va mantenuta alta l’attenzione sulla strisciante privatizzazione della sanità ed evitato che il Sistema sanitario pubblico ‘venda’ al privato quello che non riesce più a fare perché allora i cittadini si potrebbero chiedere a cosa serve e per cosa pagano le tasse».