Rimini. Matrimonio combinato? Lei fa arrestare fidanzato e suocero

Rimini

Per sfuggire alla prospettiva di un matrimonio infelice disse di vivere da prigioniera in casa e accentuò fin troppo le sue difficoltà quotidiane al punto di fare arrestare il fidanzato e il suocero con delle pesanti accuse: sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali. La ragazza, però, nell’interrogatorio davanti al pubblico ministero Davide Ercolani ritrattò quasi tutto, spiegando di avere calcato la mano per giustificarsi agli occhi della sua famiglia e con la speranza di poter rimanere in Italia almeno per il tempo del processo. Alla luce del chiarimento il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rimini Benedetta Vitolo, su richiesta della stessa procura, ha archiviato il procedimento e restituito gli atti al pm per le valutazioni del caso. Completamente scagionati, quindi, padre e figlio, due albanesi del Kosovo, regolari in Italia e residenti a Rimini, da tempo tornati in libertà. Hanno riacquistato anche il proprio onore. Gli avvocati difensori Luca Greco e Piergiorgio Tiraferri, hanno dimostrato che la ragazza, una ventenne macedone, era libera di uscire: agli atti c’è anche una foto di lei in un negozio, mentre prova l’abito da sposa. Lei aveva conosciuto il fidanzato su Facebook quando era ancora in patria e lui l’aveva convinta a trasferirsi a Rimini, con il benestare della famiglia di lei e l’obiettivo di sposarsi. L’idillio tra i due giovani, però, dura poco. Il tempo di conoscersi di persona e cominciano i guai della convivenza. Sono i suoceri a crearle problemi, a rimproverarla, secondo la sua versione messa in dubbio dall’inchiesta anche ad alzare le mani su di lei «per un paio di calzini sporchi». La giovane, disillusa dalla piega della relazione sentimentale molto diversa da quella che aveva sognato da lontano attraverso le chat di Facebook, riflette se è il caso di impegnarsi in una relazione dove non si sente protetta dal proprio uomo. Il tentativo di risolvere la questione, tramite videochiamata tra i “capi-famiglia”, però, va a vuoto. «Tornare a casa? Tu devi farci da serva, piuttosto ti mando a chiedere l’elemosina o a rubare», dice il suocero. Quando la polizia, avvisata dal padre all’estero, entra in casa, lei corre incontro agli agenti. «Portatemi via da questa casa: è un inferno». Finalmente salva sì, ma solo da un matrimonio combinato che le era diventato improvvisamente stretto.

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