Rimini. Malore in auto, interviene volontario: così l'ho rianimato

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«Ho salvato la vita a un uomo, ma non chiamatemi eroe». Calza alla perfezione per il santarcangiolese Andrea Castaldo l’adagio “salva una vita e sei un eroe, salvane cento e sei un soccorritore”. Perché lui, appena 21 primavere sulle spalle e una sconfinata passione per la musica nel cassetto, ha un unico sogno: superare l’esame per unirsi alle fila della Croce Rossa, dove milita come volontario. Proprio mercoledì sera, a poche ore da un brutto incidente che ha coinvolto un 43enne, Andrea si trovava con la sua «seconda famiglia» nella sede Cri di via Marecchiese in vista dell’esame del 27 giugno. Pagina dopo pagina, i giovani ripassano vari scenari prima di salutarsi, finché salito in auto una vera emergenza si materializza davanti ai suoi occhi.

La vicenda

Sono le 23 e il giovane sta percorrendo la via Emilia all’altezza di Santa Giustina quando vedendo una piccola folla agitata stringersi intorno a un veicolo, decide di accostare e scendere. Un uomo aveva appena perso il controllo dell’auto dove viaggiava con un’amica, andando a sbattere contro un muro, per arenarsi sulla scalinata della chiesa. Andrea che era lì per caso si presenta e mentre il capannello si sfalda, si china sul ferito constatando la gravità della situazione. «Non era cosciente, né respirava e mancava il battito». Chiede ai presenti di aiutarlo ad estrarre il malcapitato dalla macchina adagiandolo per terra. «Dopo aver praticato la respirazione cardio-polmonare, ho chiesto se in zona fosse presente un defibrillatore e il personale del “Bar sport”, che il caso vuole sia aperto 24 ore al giorno, l’ha portato subito». Dopo un minuto e mezzo di compressione, Andrea applica le piastre. Al primo shock l’uomo non si riprende, poi «ecco che per un istante chiama per nome la sua amica» prima di ripiombare nel buio. Il macchinario si ricarica e lui procede al secondo shock. Intorno la gente trattiene il respiro, parla a bassa voce e c’è chi prega, ma il 21enne non si accorge di niente, concentrato nel suo compito. Quando arrivano l’automedica e ambulanza non sono passati più di cinque minuti. «Vedendo che aveva mosso una gamba l’ho sistemato in posizione di sicurezza, affidandolo agli operatori. Una volta stabilizzato, sono partiti con le sirene spiegate verso l’ospedale Infermi».

«Non sono un eroe»

A quel punto l’uomo giusto al momento giusto si accorge che la folla era cresciuta, specie dall’altra parte della strada, forse una ventina di persona in tutto, che gli si fanno intorno per ringraziarlo. «Non sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere», si schernisce lui. Verro è che ad accomunarlo a un eroe c’è lo scarso tempo libero perché Andrea lavora con la cooperativa “Akkanto” in una comunità minorile di Gambettola, mentre frequenta il secondo anno da Educatore professionale all’Ateneo bolognese. «L’organizzazione è alla base della mia vita», dice liquidando i suoi talenti mentre continua a stupirsi dal clamore suscitato. A partire dal risveglio, quando ha trovato il cellulare intasato dai messaggi. «Spero solo che stia bene», è l’unico desiderio che formula.

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