Rimini, Luigi Poiaghi alla galleria dell'Immagine

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Luigi Poiaghi torna alla Galleria dell’Immagine e l’invito del curatore Claudio Spadoni, come recita il suo testo critico contenuto nel catalogo, è quello di «perdersi nella sua spoglia bellezza, nella sua affabile qualità poetica». Da oggi, l’inaugurazione è alle 16, fino al 12 novembre, una selezione di oltre 40 opere è esposta nella mostra promossa dal Comune di Rimini, dal titolo Se mi cerchi, quasi a sottolineare che dopo la sua scomparsa, avvenuta quattro anni fa, chi volesse ritrovarlo può farlo, qui, ora perché la sua opera visiva ci parla ancora e lo farà sempre. E questo vale anche per la sua composizione letteraria come documenta Alberi (Pazzini Editore), la raccolta poetica dell’artista lombardo, romagnolo di adozione, presentata nei giorni scorsi a Verucchio. Versi composti fra il 1982 e il 2016, caratterizzati da essenzialità e purezza, straordinaria profondità e umanità, stesse doti dell’uomo Poiaghi, scomparso troppo presto quando molto aveva ancora da narrare, con quell’anelito alla ricerca, che lui stesso definiva «fluida e in bilico tra le movenze evocative di segni liberi nello spazio, l’immagine e la dimensione lirica della poesia». Sì, perché coltivava con passione silenziosa, diversi campi espressivi: la pittura, la scultura, la fotografia, la poesia e in tutti ha condotto una esplorazione lucida e appartata sulle forme del visibile. Non a caso Spadoni scrive «ha operato e condotto un’esistenza quanto più lontano dai riflettori dell’ufficialità», scegliendo di «isolarsi in un luogo periferico come Verucchio: splendido, ma lontano dalle rotte ufficiali dell’arte». Di certo “un isolamento che rispondeva all’esigenza di concentrarsi sui problemi espressivi che l’acuta sensibilità faceva balenare alla sua coscienza». Era partito da Milano dove si era formato all’Accademia di Brera e aveva avuto contatti con l’ambiente artistico dominato per gli anni ‘80 dalle correnti concettuali. In Romagna era giunto trentenne nel ’78 dopo aver vinto il concorso nazionale per il “Monumento ai caduti della Resistenza” realizzato e installato davanti al Municipio di Bellaria, dove è stato rimosso e mai più ricollocato, provocando in lui una ferita mai rimarginata. Nell’evocativa dimora verucchiese di Ca’ Paesino rimase a vivere fino all’ultimo giorno trovando una dimensione esistenziale e creativa, coltivando la felice contaminazione di più espressioni artistiche. Qui ha continuato a «sperimentare nel lavoro – come sottolinea Virginia Cardi – quella necessità epocale di uscire dalla figurazione». La mostra riminese presenta i suoi molteplici sguardi, i vari momenti creativi, testimonia i passaggi da una forma espressiva all’altra, l’uso di diversi materiali, evidenziando la continuità incessante del suo studio «sull’arduo convivere di valori pittorici in tutte le loro implicazioni, e il fondo diciamo pure mentale o concettuale in senso lato», come si legge in Spadoni. E lo storico dell’arte inquadra altresì le sue esperienze figurative nei vari periodi raffrontando Poiaghi a grandi interpreti della storia dell’arte, da De Chirico a Tadini, passando per Fontana, Melotti, Paolini, Tadini. Tutto questo precisando però che, pur con questi richiami, Poiaghi sempre si è dimostrato pittore di «personalissima indole introspettiva, oltre che di capacità selettive che lo hanno portano a intravedere altri motivi di qualunque articolato orizzonte di riferimento abbia avuto». Parole che ne attestano la grandezza, grazie all’originale poetica che intende rendere conto solo all’esigenza, che Spadoni definisce “morale”, di esprimere un rapporto fra arte e vita sempre più poeticamente avvertito. Orario: tutti i giorni 9-12.30 e 16 -19 tranne i pomeriggi di sabato e festivi.

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