Rimini, l'estate del 1908 e i tre concerti funestati dal maltempo

Cultura

L’estate del 1908 a Rimini registra l’apertura del Grand Hotel. L’edificio, progettato da Paolito Somazzi di Montevideo – un architetto che risiede a Lugano dove ha costruito diversi palazzi – diventerà il simbolo della riviera adriatica. La sua immagine, stampata su milioni di cartoline, depliant, opuscoli, viaggerà per il mondo e pubblicizzerà, insieme alla città di Rimini, la stazione climatica più ricercata d’Europa. Frequentato nell’arco degli anni da illustri nomi della politica, della finanza, dell’arte e della cultura, oltre che da personaggi dell’alta aristocrazia italiana e straniera, l’albergo sarà noto per i suoi ricevimenti principeschi, per le sofisticate cene al lume di candela e soprattutto per i suoi favolosi balli.

Dopo questo doveroso flash sul Grand Hotel, che ci consente di curiosare su quella storica stagione balneare, veniamo al personaggio a cui dedichiamo questo spazio.
Il calendario delle manifestazioni artistiche dell’estate 1908 è particolarmente ghiotto. In luglio sono in cartellone tre serate di musica con la bacchetta del maestro Pietro Mascagni (1863-1945): sabato 18 e domenica 19, al teatro Vittorio Emanuele II, va in scena Amica, ultima opera del livornese, e lunedì 20, in Piattaforma, un grandioso concerto all’aperto.
Mascagni, per i cultori della lirica, è una celebrità. Da oscuro e squattrinato musicista è balzato agli onori della cronaca e del successo a 26 anni, nel 1890, quando al Costanzi di Roma la sua Cavalleria rusticana, vincitrice del concorso bandito dalla casa editrice Sonzogno, ha riscosso applausi a non finire. Con quella trionfale “prima” il giovane compositore è diventato, di colpo, idolo e protagonista della vita musicale e mondana.


A Rimini il musicista è molto popolare: è noto non soltanto per gli allori artistici che continua a mietere – il suo capolavoro manda in visibilio le platee di tutto il mondo –, ma anche per l’amicizia che lo lega a Elena Bianchini Cappelli, una cantante lirica riminese d’adozione, che lo ha ospitato più volte nella sua villa alla foce dell’Ausa. Del geniale artista si apprezzano la semplicità dei modi, la battuta schietta e provocatoria, il carattere allegro e gioviale. Inoltre la sua persona sprigiona il fascino dell’artista: è robusto, ha gli occhi volitivi e il viso maschio incorniciato da cappelli lunghi e fluenti. Si mormora che abbia un grande ascendente sulle donne. Per tutti questi motivi l’aspettativa per la tournée dell’estroso compositore è grande.

Purtroppo il soggiorno riminese di Mascagni è turbato da condizioni atmosferiche proibitive. Mareggiate, bufere, temporali con scrosci d’acqua come non si erano mai visti limitano non solo l’affluenza al teatro, ma anche il successo delle serate. Al Vittorio Emanuele viene a mancare il pubblico del circondario e l’ipotizzato “pienone” rimane nei sogni degli organizzatori.

Il 25 luglio 1908 La Riscossa, nel tracciare la cronaca delle due rappresentazioni dell’Amica, scrive di serate indimenticabili «alle quali sarebbe accorso senza dubbio un pubblico più numeroso se… Giove Pluvio non avesse versato su Rimini gli acquazzoni di sabato e domenica».
L’opera comunque è accolta dai pochi presenti con strepitose ovazioni. L’orchestra diretta dallo stesso Mascagni viene ritenuta «superiore ad ogni elogio». Tra i cantanti, addirittura osannati, la soprano Poli-Randazzi, il baritono Giardini, il tenore Fassino e il basso Becucci.
Domenica sera, alla fine del primo atto, «tra le vive acclamazioni del pubblico», come riferisce L’Ausa il 25 luglio, è donata al maestro una medaglia d’oro smaltata con lo stemma della città e la scritta: «Rimini a Pietro Mascagni – Teatro V.E. II – Amica 18/19 luglio 1908».

Anche il terzo appuntamento artistico è influenzato dal maltempo. Il concerto sulla piattaforma, che avrebbe dovuto riversare sulla spiaggia una marea di gente, si svolge nel salone del Kursaal e l’ingresso limitato a pochi spettatori. Un debutto decisamente sfortunato.

A conclusione della tournée, a Mascagni viene offerto un sontuoso banchetto nel ristorante dello Stabilimento Bagni. L’illustre ospite, al centro di una tavolata di una cinquantina di commensali, sollecitato a formulare un brindisi esprime l’augurio – con l’ironia che lo distingue – di ritornare in città come “bagnante” per trovare finalmente quel sole che non è riuscito ad avere come “musicista”.

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