Rimini, lavoro nero, gli albergatori non ci stanno: "Ai dipendenti non puntiamo la pistola"

Le associazioni di categoria degli albergatori non ci stanno a subire l’ennesimo attacco sul lavoro stagionale da parte delle organizzazioni sindacali che hanno protestato l’altro giorni in piazzale Fellini, per denunciare la piaga del lavoro nero e degli stipendi da fame nel settore del turismo. «Fare di tutta l’erba un fascio, come stanno facendo, contribuisce esclusivamente a far parlare di sé e ad assicurarsi visibilità, però non porta alcun risultato concreto per l’economia – commenta Patrizia Rinaldis, presidente dell’Aia-Associazione italiana albergatori di Rimini –. Trovo che sia un modo vecchio di portare avanti certe questioni». «E’ una protesta prevalentemente ideologica e non legata alle reali caratteristiche attuali di questo lavoro – le fa eco Alessandro Giorgetti, presidente dell’Uera-Unione albergatori dell’Emilia Romagna –. Non c’è nessuna oggettiva prevaricazione. Non c’è nessuna pistola puntata contro i lavoratori. Protestare è un diritto dei sindacati, ma mi sembra fuori luogo». Secondo Rinaldis «c’è un problema di fondo che non è il lavoro in nero o il lavoro sottopagato. In tutti i settori, e non esclusivamente nel nostro, si ha difficoltà a trovare manodopera. Di lavoro, però, ce n’è. Quindi, o sono tutti delinquenti e sfruttatori, oppure le persone non hanno più voglia di andare a lavorare. Non punto più il dito sulle irregolarità, ma sul lavoro e basta. C’è bisogno di ricominciare a parlare della dignità del lavoro. E’ necessario ragionare sul lavoro».


Soluzioni, mano tesa ai sindacati

Inoltre, spiega la numero uno di Aia, «i problemi si devono risolvere assieme. Questo è un problema grave, che non si risolve gridando in piazza, perché una cosa di questo genere non fa altro che incrementare l’astio che c’è fra le parti. Invece di urlare, cerchiamo di trovare delle soluzioni insieme. Ci vuole serietà da ambo le parti, sia fra gli imprenditori che fra i lavoratori. E non ci può rimettere la parte sana dell’economia: se ci sono delle persone che si comportano male, colpiamo quelle». In vista delle aperture, «siamo alla ricerca – conclude –. Vediamo il banco di prova della stagione. Incrociamo le dita».


L’appello: proposte concrete

Sulla stessa frequenza di pensiero Giorgetti: «Il lavoro stagionale non è un lavoro sporco, ma è un lavoro come qualsiasi altro. Vogliamo credere o non vogliamo credere nel settore dell’ospitalità? Il problema è quello di mantenere le imprese sul mercato in condizioni che consentano loro di organizzarsi e di operare nel migliore dei modi». E «non ci vengano a dire che un lavoratore stagionale deve essere pagato più di un primario di un ospedale – replica –. C’è bisogno di equilibrio nelle proposte. Mi aspetto delle proposte concrete e non delle proposte ideologiche che non portano da nessuna parte». Fra l’altro, «siamo nel mezzo di una trattativa sindacale che è già cominciata a livello nazionale e un’altra prenderà il via il 15 marzo – ricorda –. Il lavoratore, quindi, non è la parte debole, perché in questo momento ha il potere di avanzare delle richieste. E noi spingiamo le imprese ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione nel contratto nazionale».

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