Rimini, l'appello di una madre per le morti improvvise degli atleti

Rimini

«Ogni volta è una ferita che si apre». Il sogno di Lja è che non succeda mai più, che nessuna altra mamma debba piangere un figlio di 19 anni, morto all’improvviso perché il cuore si ferma senza una ragione comprensibile. Lja lancia un appello, una sorta di messaggio nella bottiglia, affinché qualcuno le dia una mano. «Sono una mamma come tante, che ha perso un figlio senza un perché, o meglio un perché c’era: arresto cardiaco. Vorrei fondare un’associazione che si occupi delle morti improvvise soprattutto nei giovani atleti».

La tragedia
È il 2015, un pomeriggio di luglio, quando Enea De Carolis va in spiaggia con gli amici e si accascia in acqua, lo soccorrono immediatamente, ma non c’è nulla da fare. Ha 19 anni, frequenta la scuola superiore e gioca nella Softer, la prima squadra del Forlì Volley che milita nella serie B1. La stessa che nel 2012 pianse la morte di Vigor Bovolenta.
«Vorrei creare una associazione per sensibilizzare l’opinione pubblica - chiede Lja -. Dopo Enea, altre giovani vite si sono spente all’improvviso e aumentano sempre più. Quando la vittima è famosa la risonanza mediatica è enorme, altrimenti cala il silenzio. Da allora il mio pensiero fisso è trovare qualcuno che si unisca a me per fare in modo che la ricerca faccia passi in avanti. Ero in contatto con un cardiochirurgo, che mi aveva cercato tramite la società dove giocava Enea, però un po’ la mancanza di fondi per la ricerca, un po’ la difficoltà a reperire i dati delle persone decedute, non si è riusciti ad andare avanti».

“Mai più”
Quello di Lja è un percorso personale, lungo e doloroso. «In questi anni ho elaborato, ho provato a capire cercando un motivo per continuare. Ogni volta che succede una tragedia simile a quella capitata a Enea, si riapre la ferita. Mi sono detta: perché devo stare ferma, perché non provo a fare qualcosa? Sarebbe bello qualche volta, potere prevenire. Vorrei sensibilizzare il mondo sportivo affinché tenga alta l’attenzione, sempre più spesso sono i giovani sportivi a perdere la vita e il silenzio non aiuta nessuno. Bisogna fare sapere alle famiglie che un esame e una visita aggiuntivi non sono una perdita di tempo, ma potrebbero salvare la vita dei ragazzi. Dopo la morte di Enea l’elettrocardiogramma è diventato obbligatorio anche per i bambini che fanno sport. Gli esami e le visite, non devono essere considerati una scocciatura, oppure uno spreco di denaro».
Ha mai avuto il dubbio che un esame in più avrebbe potuto salvare Enea? «Non c’è mai stato nulla che potesse fare presagire l’arresto cardiaco - assicura Lja -. Dopo la morte di Bovolenta, anzi, gli atleti erano tutti ipercontrollati».
La speranza, quindi, è quella della ricerca, per capire le ragioni di queste morti improvvise. «Si pensa siano legate al fatto che i ragazzi crescono molto in fretta, mentre il muscolo cardiaco non fa altrettanto. I medici stanno studiando, ma la ricerca va aiutata, i familiari devono sapere».

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