Rimini, la Caritas: "40 famiglie pronte a ospitare i profughi a casa"

Il Rapporto annuale sulle povertà della Caritas è da sempre la fotografia più concreta e reale dell’emergenza sociale sul territorio di competenza, lo specchio delle difficoltà e di come mutano o si amplificano le necessità della comunità a seconda del periodo storico e degli accadimenti alle varie latitudini o longitudini del mondo. Il direttore Mario Galasso il polso della situazione ce l’ha però quotidianamente e anche in attesa dei numeri certificati chi meglio di lui per cercare di fare un punto della situazione sul panorama riminese alla luce di eventi straordinari quali la pandemia da Covid-19 e l’invasione russa dell’Ucraina?

Galasso, partiamo proprio da qui: l'arrivo di tremila profughi dall’Est Europa nella nostra provincia che riflessi sta avendo sulla rete della solidarietà?

«Sono tanti quanti quelli di Bologna e insieme diamo risposta al 10% dei 70.000 a oggi arrivati in Italia, è inevitabile che questo comporti una pressione molto importante e come mondo Caritas stiamo cercando per quanto possibile di affiancarci ai canali ufficiali Prefettura-Questura-Comuni. Poi qui da noi avevamo posto per 7 persone ma ne abbiamo 15 accolte per massimizzare l’aiuto e grazie a un appello della Diocesi abbiamo una quarantina di famiglie che si sono dette disponibili ad accogliere in casa o a mettere a disposizione spazi di proprietà e stiamo predisponendo una rete di volontari che li assista per farli sentire il più accolti possibile. Nella speranza che questa emergenza straordinaria per l’Ucraina possa aiutare a fare alzare lo sguardo sull’accoglienza a 360 gradi: un domani saranno magari gli sfollati i più bisognosi».

Nel quotidiano notate qualche cambiamento provocato dall’accoglienza ai profughi ucraini?

«In questo periodo sono pressoché raddoppiate le persone che vengono a ritirare il pasto in Caritas, passate da 70-80 a 150-160: è il segnale che chi ha accolto anche in maniera diversa dal canale ufficiale si sta attivando anche singolarmente e noi cerchiamo ovviamente di dare risposte a tutti».

Promuovete raccolte o avete canali differenti? E cosa serve di più?

«Come detto, ci muoviamo per vie ufficiali, seguendo le direttive di Prefettura, Questura e Comuni e l’attività di Caritas Italia insieme a Caritas Europa e Caritas Internazionale è far sì che in Ucraina ma anche nei Paesi confinanti si inviino risorse economiche per esigenze specifiche e accertate: acquistando ciò che serve là, da un lato si risparmia sulle spese di viaggio e dall’altro si aiuta l’economia locale. Da Rimini abbiamo già raccolto e inviato 25.000 euro e si può continuare a contribuire utilizzando il conto corrente IT21T 06230 2420 60000 43130436 intestato a Caritas Rimini ODV con la causale Emergenza Ucraina».

Si sono ridotti o si stanno riducendo gli aiuti delle persone ai poveri "tradizionali"?

«Assolutamente no. Prima sembrava ci fosse solo il Covid e ora solo la guerra, ma bisogna ricordare che con l’emergenza Covid, che non è affatto finita, stanno aumentando gli sfratti, che gli arrivi dalla rotta africana o dalla rotta balcanica stanno continuando e che le bollette, i beni di consumo e le materie prime in aumento stanno mettendo in crisi tante famiglie delle nostre città. Per fortuna la solidarietà rimane attiva su ogni fronte anche in questo periodo».

Nell’immediato pre-Covid parlava di nuove forme di povertà, facendo l’esempio degli imprenditori fra i 40 e i 50 anni andati in crisi che combattevano con la vergogna di chiedere aiuto non essendo mai stati chiamati a farlo, oggi chi sono i nuovi poveri?

«E’ uno spaccato molto trasversale, ma in primis sono persone a bassa scolarità e professionalità uscite dal mondo del lavoro a causa della pandemia. Qui in Romagna hanno per fortuna il cuscinetto del lavoro estivo, ma dobbiamo giocarci per tutti quello che per noi è una sorta di ammortizzatore sociale senza creare canali privilegiati».

Come Caritas avete messo insieme strumenti importanti quali l’Emporio Solidale e il Fondo per il Lavoro: il primo, inaugurato nel 2017, è arrivato anche ad accogliere e aiutare circa 500 nuclei familiari all’anno e il secondo, nato nel 2013, sta tagliando il traguardo dei 10 anni avendo superato da tempo i 150 soggetti coinvolti.

«Il Fondo per il Lavoro sta inserendo davvero tantissime persone e agevolando il contatto fra chi ha bisogno di un’occupazione e chi la offre: vi contribuiamo anche economicamente in maniera per noi importante, ma il risultato è più che soddisfacente. Insieme al Comune di Rimini e al Piano Strategico stiamo guardando poi proprio in questo periodo le regole d’ingaggio dell’Emporio Solidale per tarare il target delle persone cui ci rivolgiamo e far sì che sempre più bisognosi possano rivolgersi alla Caritas: ha sostituito quelli che erano i pacchi con gli alimenti facendo sì che le persone segnalate dal Comune e dalle Caritas Parrocchiali con un certo Isee facciano la spesa a punti nel nostro Emporio in base alle persone del nucleo familiare scegliendo le cose che servono veramente. E’ affiancato Centro di Ascolto con operatori che raccolgono la tua storia e ti supportano in un percorso di economia domestica per cercare la strada verso risorse attivabili in base appunto al trascorso di ognuno e per capire le cause della povertà».

E il nuovo spazio inaugurato in Via Isotta qualche anno fa sta dando le risposte attese?

«Era nato sui temi del ‘Laudato si’ di Papa Francesco con l’idea è unire “il grido dei poveri” (quindi quello dei richiedenti asilo da ospitarsi all’ultimo piano) “con quello della terra” in quel primo piano che deve invece essere il polmone e il cuore della Caritas attraverso l’attività formativa e dando voce agli ultimi. Ma prima la pandemia che sconsigliava assembramenti e ora l’Emergenza Ucraina che richiede tutti gli spazi per l’accoglienza hanno in un certo senso impedito che abbia trovato in pieno quella sua dimensione. Contiamo comunque di attivarlo, perché c’è bisogno di rilanciare la Laudato Si».

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