Rimini, "L'incidente mi ha tolto una gamba, ora sogno di diventare un atleta"

Rimini

Una protesi sportiva per Jacopo. Lanciato il crowdfunding per il giovane che, dopo un terribile incidente, sogna di diventare atleta paralimpico. Raccolti già 4mila euro in un solo giorno. Dedicarsi al triathlon e voltare pagina, dopo il sinistro di 2 anni fa dove ha perso una gamba e il lavoro che amava. Ecco il sogno di Jacopo Curzi, marchigiano di Senigallia, trasferito a Rimini subito dopo il corso alla Scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria.

Cosa ricorda dell’incidente?

«Era l’11 aprile del 2019. Piovigginava e all’alba ho tirato la moto fuori dal garage, per andare al lavoro. Tutto come al solito, finché all’altezza di Viserba, è avvenuto lo scontro con una vettura che proveniva in senso opposto. Disarcionato e finito a terra ricordo solo il dolore. Pur cosciente fino all’arrivo dei soccorsi, ho resettato una parte della mia vita per sempre. Intanto nell’urto il parafango lacerato mi ha avviluppato il piede, subamputandolo. Vale a dire che per un mese è rimasto al suo posto, ma trafitto da ferri, che causavano dolori lancinanti».

E dopo?

«Per giorni mi hanno tenuto sedato. Ho sognato con tale intensità da scriverci un libro. La lesione era molto grave e ho rischiato la vita, ma quando veniva mia moglie mi si alzavano i battiti. All’epoca eravamo sposati da 4 anni con un’infinità di sogni nel cassetto. Peccato che al risveglio avessi un tubo in gola e non sapessi neppure dove fossi. Impossibile muoversi e parlare. In più ero gonfio e pieno di tubicini come Frankenstein. Anche i gesti più semplici sembravano enormi, persino premere il bottone di sblocco del telefonino. Ho pianto solo una volta però, quando ho rivisto mia moglie Silvia. Piangevo per lei, non per la mia gamba. Non immaginavo tutto quel che avrebbe subito. Senza farmi pesare nulla, ha rinunciato a tanto per me. Di questo soffro più, che per la mia disgrazia. La risposerei mille e mille volte».

Quali pensieri prevalevano?

«Ero ingenuo, pensavo che si sarebbe risolta. Ma sono rimasto all’ospedale due mesi e durante le medicazioni vedevo gli sguardi che si scambiavano i dottori. Per le sofferenze non bastava l’epidurale e con solo due anestesie totali, quando mi trapanavano o segavano le ossa avvertivo le vibrazioni fino allo stomaco. Finché i medici, tutti lì intorno a me, hanno detto che c’era una necrosi e la gamba andava amputata».

Com’è stato il secondo tempo della sua vita?

«Tutto il dolore patito mi ha donato una consapevolezza nuova. Non so perché, ma non l’ho presa malissimo. Quando mi hanno tagliato la gamba, ho smesso di soffrire, anche se mi mancava pur sempre un pezzo».

La gente la guardava in modo diverso?

«Certo, fino a luglio ero in sedia a rotelle e lo sguardo dei passanti finiva sull’arto che non c’era più. S’impressionavano vedendo un giovane in difficoltà. Mi sono abituato, anche se a volte le persone sono tutt’altro che delicate».

Per l’incidente ha dovuto lasciare la divisa di appuntato.

«Sì, ho affrontato la commissione medica a Padova, nell’ottobre 2020, in piena pandemia. Sono entrato con una speranza e sono uscito con un’enorme delusione. Ho sbagliato io a illudermi, ma amavo il mio lavoro. Invece non ero più idoneo al servizio militare incondizionato».

Come è nata l’idea del Triathlon?

«Il merito è di Silvia: mi ha sempre spronato. D’altronde non ero un tipo da poltrona. Così ci siamo messi a seguire seminari su sport per disabili. Finché a Gambettola c’erano gli atleti paralimpici Loris Cappanna e Massimo Evangelisti che ora mi sta preparando. Entrambi campionissimi riemersi dopo i loro down. E se per me non esisteva più neanche il calcetto, dopo sono tornati i giochi di squadra come il sitting volley. Finché Massimo ha acceso il sogno del Triathlon, per cui mi alleno tutti i giorni».

Tuttavia per correre le occorre una protesi sportiva del tipo che usava Pistorius.

«Ne servirebbero due, ma faccio fatica a chiedere e ne basterà una. Il costo? All’incirca 8mila euro. Per la bici ne ho adattata una da bagno, non è il massimo e spesso mi provoca dolori e vesciche ma faccio di necessità virtù. Grato agli amici per il crowdfunding».

Il prossimo obiettivo?

«Una maratona a staffetta sul Titano. Cinque chilometri di cammino per me e 12 di corsa per Silvia. Solo ieri ne ho percorsi 20 in montagna. Al momento uso quel che ho, l’Ausl non passa le protesi sportive e la sera sono a pezzi. Ma ho imparato a far dell’umorismo sulla mia condizione. Mi dico che sono un “ragazzo in gamba” e un “tipo davvero con i piedi per terra”».

Ecco il link per aderire alla raccolta fondi: https://gofund.me/cd87a3a4

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